giovedì 1 giugno 2017

Comincio ad essere un po' stanchino


Trentesima tappa, Monteguzzo - Casteggio, 20 km.

Anche oggi il caldo ha regnato indiscusso su tutto l'Oltrepò pavese, nonostante una leggera brezza e qualche pallida nuvola abbiano cercato di ostacolarlo. 
La calda cronaca.
Esco alle 6,30 dopo una bella colazione; il sole è ancora nascosto dalle colline sopra di me ma già illumina il bel castello di Cigognola lassù in alto: è la mia prima meta.
La salita è una creatura ingannevole, parte moderata e dolce regalando begli scorci a destra e a manca ma appena il sole fa capolino dal monte si incarognisce, si inalbera, si impenna e mi fa arrivare alle pendici del castello stremato e spompato. La maglietta è come uno straccio inzuppato, la bandana ha perso ogni parvenza di asciuttezza e io stesso sono madido. Fortunatamente l'ora presta fa si che nessuno assista a questo spettacolo pietoso.
Vago per la piazza scattando foto quasi a casaccio, poi mi ricordo gli otto chili che ho sulle spalle, sfilo lo zaino e mi accascio su una panchina: acqua, barretta, respiri profondi e tutto inizia a tornare alla normalità. Il castello è bello ma credo che la visita alle 7,30 non sia contemplata per cui, dopo un ultimo sorso al mio beverone integrante, mi rimetto in moto.
La discesa è bella, soprattutto la prima perché, si sa, scendere è peggio di salire, si scoprono muscoli insospettabili che, a lungo andare, mostrano il loro lato dolente.
Ma è ancora presto per tutto questo e i paesaggi mozzafiato sono un ottimo motivo di distrazione così come il venticello che soffia amabilmente.
La seconda salita mette le cose in chiaro: farà sempre più caldo e suderai sempre di più, non ti fare illusioni.
A Cassino Po la curva è a gomito e la strada punta dritto in alto, direzione Pecorara, più che un paese, un'assenza.
La discesa a Redavalle è da sogno e anche il paese è più consistente ma lo si sfiora appena e alla frazione dal nome bovino, Manzo,, i colli si schierano nuovamente di fronte a me e il passo si fa lento un'altra volta.
Seguo le frecce gialle fra sterrate che scalano le vigne e costeggiano case di campagna fino a guadagnarmi una stradina asfaltata che mi porta fino a Castello, una frazione dotata di grandi panorami e di tre abitanti parlanti dialetto incomprensibile. 
C'è una panchina davanti a un tabaccaio chiuso ormai da tempo, è il momento giusto per togliersi le scarpe, bere e consumare qualche mandorla e una pesca. Riesco anche a trovare un po' di rete per mandare i miei report agli amici di Radio Francigena e buttare un po' di foto nel pozzo dei social.

La discesa questa volte la sento, rallento un po' e faccio anche una sosta in cui i pensieri vagano senza meta e senza senso. È il suono di un clacson che mi riporta con i piedi per terra e vedo una macchina rossa che accosta: al volante c'è la Roby, referente di zona per la Via Postumia, che è venuta a rincuorarmi. 
Qualche chiacchiera, fissiamo per la cena e poi via, ognuno per la sua strada.
Arrivo in fondo e... indovinate un po' chi c'è? Emilia, ebbene si, proprio lei, la strada lunga; era dai tempi della Francigena che non la vedevo. La seguo per poco meno di un km poi la mollo al suo dritto destino: è una questione d'incompatibilità. 
L'ultima salita è la più docile ma anche la peggiore: il caldo è asfissiante e le poche nuvole si sono dileguate. 
Arrivo al borgo di Mairano che si rivela sorprendentemente carino e che meriterebbe una sosta ma voglio scendere e chiudere la tappa.
La direttissima per Casteggio si stende di fronte a me, mi tortura ben bene le coscie ma dopo una mezzora sono sotto la doccia.
The best is yet to come.

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