mercoledì 27 novembre 2019

Pellestrina: su e giù per l’isola lunga


Uno dei pennelli di Pellestrina
Negli ultimi due decenni il modo di viaggiare e di visitare mete turistiche ha subito una profonda trasformazione; la possibilità di trovare voli a prezzi stracciati soprattutto se prenotati con largo anticipo, ha cambiato il modo di fare turismo e portato le persone a puntare su soggiorni mordi e fuggi soprattutto nelle città d’arte e nelle capitali europee. La velocità con cui ci si relaziona con luoghi sconosciuti è lo specchio, ahimè, di un impoverimento culturale sempre più diffuso, di una superficialità che dà solo l’illusione di aver visitato una città; è come se si dovessero mettere più bandierine possibile su un’ipotetica mappa dei luoghi agognati, dire a tutti i costi di esserci stati pur avendoli solo assaggiati.
L’Italia ha un patrimonio culturale immenso e città come Roma, Firenze e Napoli (solo per dirne alcune), meriterebbero di essere scoperte e vissute con soggiorni più lunghi. Venezia non è da meno e asserire di averla visitata in solo due o tre giorni è come dire di aver letto Guerra e pace dopo aver dato una scorsa alla prima pagina, perché oltre ai musei, alle chiese, alle mostre e ai palazzi storici, la sua laguna ha da offrire molto a chi voglia realmente approfondire.
Burano, Torcello, Murano, Sant’Erasmo e il Lido, sono isole ricche di fascino e tesori ma per me che amo la solitudine e le lunghe passeggiate invernali al mare, Pellestrina è sicuramente il luogo ideale.

Cabin estivo
Ho ribattezzato questa lingua di terra l’isola lunga, perché si estende per undici chilometri fra Alberoni (estremità sud del Lido) e Chioggia, ma anche il termine strettale calza a pennello visto la sua larghezza: 23 metri nel punto più sottile e 1,2 chilometri in quello più ampio.
Per raggiungerla bisogna arrivare al Lido e da lì prendere l’autobus numero 11 che, dopo aver superato lo splendido borgo di Malamocco, raggiunge l’imbarcadero del ferry boat da cui si fa dare un breve passaggio per rimettere giù le ruote a Santa Maria del mare. 
Qui sta a voi decidere come procedere: potete proseguire la corsa lungo la strada comunale dei Murazzi che tocca il borgo di San Pietro in Volta, la frazione di Portosecco fino ad arrivare al paese di Pellestrina, esattamente dall’altra parte dell’isola, o cominciare a camminare subito. 
I due lati, quello affacciato sulla laguna e quello rivolto al mare, sono le due facce di un’unica meravigliosa medaglia, profondamente diverse ma inscindibili.
Personalmente, amo percorrere la spiaggia di mattina e tornare indietro sull’altro lato attraversando i due borghi e ammirando il tramonto, magari con uno spritz al Select in mano ed è proprio di questo giro che voglio raccontarvi.

Pescatore di bevarasse
Tronchi portati dal mare
Partire presto è fondamentale per godere appieno della giornata, soprattutto in inverno, quando il sole va giù presto. I chilometri sono parecchi, una ventina all’incirca, e la fretta, si sa, è il peggior nemico del viandante.
Scendete alla prima fermata del bus e prendete la scala che vi porta in cima alla massicciata dei murazzi, infilatevi nel primo passaggio disponibile, attraversate la sottile macchia di vegetazione e guadagnerete la spiaggia. 
In un tempo non troppo lontano non esisteva, l’erosione l’aveva cancellata, spazzata via onda dopo onda e c’erano solo grossi sassi ammassati che tenevano a bada il mare durante le mareggiate e quando l’Adriatico si metteva in testa di invadere a forza la laguna trasformandosi in acqua alta, un’abitudine che non ha mai perso, come forse avrete letto nell’articolo precedente.
La costruzione dei Pennelli, lingue di cemento circondate da grosse pietre che si spingono per una ventina di metri verso il mare, ha permesso alla sabbia di tornare, depositarsi e rimanere protetta creando un arenile vasto, dove gli abitanti dell’isola trovano pace e relax durante l’estate.
Io la trovo d’inverno, quando sono spesso l’unico essere umano presente o incontro soltanto qualcuno che fa sgambare il cane o un pescatore che, immerso fino alla vita nel mare, tira su le bevarasse con l’apposito strumento, una sorta di rastrello dotato di una rete che viene trascinato lungo il fondale. 
Le bevarasse sono delle piccole vongole, note altrove come lupini, e si usano per condire la pasta, soprattutto gli spaghetti.

Compagnia mangia e bevi
Polipi di plastica
Camminando, gli occhi sono liberi di spaziare verso l’orizzonte ma anche di cercare tesori, quelli portati dalla corrente e abbandonati sulla sabbia. Non si tratta di perle o gioielli, tantomeno di oro scintillante, più che altro sono scoasse, un termine che in veneziano indica i rifiuti, la spazzatura, ma come diceva il compianto Robin Williams in una scena di quel film capolavoro che è La leggenda del re pescatore: «A volte si trovano cose bellissime nella spazzatura».
Io per esempio l’anno scorso ho trovato un paletto giallo lungo una settantina di centimetri che mi ricordava tantissimo una grossa matita e che ora è in fase di restauro grazie alle abili mani di un mio caro amico; ho recuperato anche il piccolo teschio di un cane, minuti pezzi di legno dalle forme bizzarre e ovviamente tante conchiglie. Non torno quasi mai a mani vuote da una delle mie scarpinate, e quelle rare volte che la borsa non si riempie, sono gli occhi ad arricchirsi perché il paesaggio può essere sorprendente.
I residenti sono soliti tirar su piccole costruzioni spartane con i tronchi degli alberi portati a riva dal mare, quelli ormai senza corteccia e con il legno levigato da anni di correnti e salsedine; sono ripari ingegnosi che d’estate offrono ombra a chi passa la giornata in spiaggia grazie a teli stesi come soffitti impalpabili. C’è chi usa vecchie tavole e sedie dismesse ma ancora capaci di sostenere una persona, per allestire tavolate su cui consumare i pasti, giocare a carte e financo a scacchi.
I più estrosi addobbano questi cabin improvvisati nei modi più disparati, appendendo rosari di conchiglie, buffi polipi ricavati da bottiglie di plastica che ondeggiano al vento e scrivendo frasi divertenti che in qualche modo certificano la proprietà e le peculiarità di quel singolo rifugio. D’estate sono vivi e colorati mentre d’inverno hanno un aspetto un po’ spettrale, quello di villaggi abbandonati degni di un libro dell’orrore; alcuni collassano sotto il peso del vento e delle mareggiate, diventano cataste informi, pronte però a essere ricostruite con tenacia nella primavera successiva. 
Molti dei tronchi che non sono usati, rimangono come ornamento ai tratti di spiaggia fra un pennello e l’altro; hanno forme singolari, radici contorte e, nella mia galoppante fantasia, assumono le sembianze di strani animali, ma più che un bestiario ricordano i miti di Cthulhu partoriti dalla fervida mente di H. P. Lovecraft. È la mia personalissima e ipotetica mitologia lagunare, fatta di creature schive che tendono a camuffarsi, a insabbiarsi, nascondendosi agli occhi indiscreti di chi cammina e rimanendo immobili come se fossero morti. 
Sovrani indiscussi di questa surreale fauna sono i galleggianti che sono usati per l’allevamento delle cozze; molti di loro riescono a liberarsi dal giogo umano, nuotano per un po’ in mare aperto e finiscono per guadagnare la riva e la libertà. Sono blu, gialli, rossi e i loro dorsi riempiono di colore la sabbia come puntini gioiosi, donando un seducente tocco pittorico a un paesaggio che, di per sé, già sembra un dipinto. 

Galleggianti insabbiati
Mitologia lagunare
I pennelli si succedono uno dopo l’altro come un contachilometri trasversale, finché non si arriva in un punto dove la spiaggia tende a sparire e, se la marea è alta, lo fa del tutto. Si può continuare a camminare oltre i massi, sorvegliati dall’imponenza del ponteggio rosso dell’ACTV che serve a sollevare i vaporetti in riparazione ma che ricorda in modo impressionante un santuario giapponese, poi si arriva finalmente al borgo di Pellestrina.
Qui, se il passo è stato veloce, le energie sono ancora fresche e si ha parecchio tempo a disposizione, si può costeggiare il piccolo cimitero e seguire i murazzi fino a Ca’ Roman. Questo lembo di terra, un tempo separata dal resto dell’isola, nel 1911 è stata unita da una sottile barriera fatta in pietra d’Istria (la diga foranea); quest’area di cinquanta ettari è una vera e propria oasi faunistica, dove trovano pace e nidificano quasi 200 specie di uccelli, fra cui il martin pescatore, il falco pellegrino e, nei periodi estivi, il gruccione (dai colori sgargianti), il tenero assiolo e il fantomatico succiacapre, un volatile frainteso per lungo tempo.

Diga foranea
Bunker a Ca' Roman
Qui la spiaggia ha subito, nel corso degli ultimi cento anni, una straordinaria trasformazione, crescendo in larghezza e arricchendosi di una rigogliosa macchia boschiva lunga qualche centinaio di metri. Questa perla bisogna guadagnarsela percorrendo a piedi la lunga diga, ma la fatica sarà ampiamente ripagata dal paesaggio e dall’incanto sonoro generato dal rumore del vento e dai richiami degli uccelli.
Purtroppo i lavori del Mose, vera e propria truffa perpetrata ai danni dei veneziani, hanno rubato a questo splendido luogo tre ettari che non gli verranno mai restituiti. 
All’interno del bosco di pini, si trovano alcuni bunker risalenti alla seconda guerra mondiale che un tempo presidiavano l’accesso alla laguna e che ora, proprio grazie all’espansione dell’area, emergono dalla fitta vegetazione come grigi fantasmi di un periodo triste e buio della storia recente. 
Sul lato della laguna è possibile vedere invece la fortificazione nota come Ottagono di Ca’ Roman, risalente alla seconda metà del 1500; era uno dei due maschi costruiti a difesa del porto di Chioggia e ora giace in stato di abbandono.
Molte sono le fortificazioni militari presenti su questa lunga lingua di terra e possono essere visitate, rigorosamente dall’esterno, sulla via del ritorno.

Paesaggio sospeso
Paesaggio sospeso
Ritornati a Pellestrina, ci si infila nelle piccole calli del borgo e si comincia a seguire il percorso che si snoda sul lato interno dell’isola. Se non vi siete portati i panini, qui troverete alcuni ristorantini in cui potrete assaggiare ottime specialità di pesce come le schie, l’anguilla e le seppie, ma anche fantastici antipasti di cannocchie e cappesante, pasticci di pesce, seppioline in umido, fritture e grigliate sublimi accompagnate da verdure coltivate negli orti della laguna.
Ci sono anche un paio di bar dove potrete farvi confortare da spritz e cicchetti. Io di solito sono per l’autoproduzione culinaria e per mangiare sulla spiaggia un paio di panini, ma una volta sono stato all’Osteria la Rosa con una mia amica e ne serbo un bel ricordo.
A ora di pranzo, sul limitar della riva, non è difficile vedere gli abitanti di Pellestrina cuocere il pesce in barbecue improvvisati, spesso ricavati da vecchi cestelli di lavatrici; il profumo che si espande tutto intorno può essere una tortura per chi, colto da languorini vari, si trovi a passare di là. Nel primo pomeriggio invece, potrete vedere le donne sedute fuori dagli usci intente a far quattro ciacole e realizzare merletti al tombolo (che qui si chiama balon), una specie di cuscino cilindrico imbottito di paglia, o i vecchi pescatori stendere le reti e le nasse nelle aiuole o nelle piazzette deserte per aggiustarle. Chiacchierare con loro e ascoltare storie di mareggiate e di pescherecci in balia delle onde può essere una bellissima esperienza, quello che si dice del tempo investito bene. Una volta mi hanno offerto un caffè versandomelo da un thermos, e quella mezz’ora in loro compagnia è uno dei ricordi più belli che ho delle mie spedizioni esplorative sull’isola lunga. 

Pescatore che ripara le nasse
Le case di San Pietro in Volta
Le case dei borghi rispecchiano il tipico stile veneziano, piccole e colorate e passeggiare con calma lungo la riva può essere bellissimo, soprattutto in alcune giornate, quelle in cui il vento sembra andare in letargo e le poche nuvole sono sapientemente pennellate; l’acqua sembra diventare immobile, l’orizzonte perde di consistenza e le piccole barche ormeggiate, le briccole e i casoni da pesca sembrano galleggiare, sospesi in una sorta di paesaggio liquido. Basta il transito di un motoscafo a rompere questo incanto, ma a ora di pranzo sono tutti a tavola e la navigazione è praticamente inesistente e si può rimanere estasiati a guardare verso quell’azzurro infinito, fin quasi a perdere il senso del tempo oltre a quello dello spazio. Difficilmente assisterete a questo spettacolo di mattina, ed è per questo motivo che è meglio tornare indietro da questo lato, per questo e per il tramonto. 
Il sole scendendo allunga le ombre, accarezza ogni cosa e tinge d’oro l’acqua; si cammina dandogli le spalle ma è inevitabile girarsi ogni tanto a osservarlo mentre, come un esperto pittore, dipinge il cielo di colori sempre più caldi lasciando che il blu intenso su in alto, gli faccia da coperta. 
Bisogna aggirare il finto tempio giapponese perché in quella zona camminare lungo costa non è consentito, ma si rientra subito, seguendo la riva di San Pietro in Volta le cui ultime case in fondo si affacciano sulla laguna; i loro colori, accesi dal sole sempre più basso, contrastano con l’azzurro scuro della laguna lasciando senza parole chi le guarda.
Sono gli ultimi fuochi di una giornata lunga e intensa che si conclude all’imbarcadero  di Santa Maria del Mare, dove il ferry boat è pronto a riportare uomini e macchine ad Alberoni. Il sole è prossimo al tuffo che conclude il suo ciclo giornaliero e vedere il crepuscolo dalla terrazza superiore di questa grossa imbarcazione è solo la ciliegina finale di un’ottima torta.

Il ponteggio dell'ACTV
Casone da pesca
Poche note conclusive. 
Il nome Pellestrina potrebbe derivare da quello del generale romano Filisto che fece scavare dei canali (le fossae Philistinae) per mettere in comunicazione l'Adige e la Laguna Veneta, ma c’è anche chi ipotizza che il toponimo derivi da pelle strana, come quella dei pescatori che la abitavano e che erano costretti a lavorare tutto il giorno in barca. 
Per gli amanti delle due ruote, tutto l’anno è possibile noleggiare le biciclette davanti all’imbarcadero del Lido, pedalare fino ad Alberoni, imbarcare il mezzo sulla nave e visitare Pellestrina più velocemente, anche se pedalare sulla spiaggia è veramente poco pratico se non impossibile. Il percorso ciclabile è ben segnalato da degli appositi cartelli e conduce fino al cimitero; da lì si può proseguire fino a Ca’ Roman pedalando sulla diga, mentre chi volesse fare un salto a Chioggia, che merita una visita, può legare la bici e imbarcarsi nel vaporetto che in una decina di minuti porta sulla terraferma. 
Durante l’estate ci sono alcune feste che animano i borghi dell’isola lunga e presso gli stand gastronomici si può mangiare dell’ottimo pesce. 
La Festa di Sant'Antonio si svolge il 12 giugno, quella di San Pietro in Volta dal 27 al 30 giugno, la Festa della Madonna dell'Apparizione è il 4 agosto mentre quella di Portosecco è dal 13 al 16 agosto.
L’autobus numero 11 fa anche servizio notturno per cui non ci sono problemi a tornare a Venezia anche sul tardi. 

Briccole
L’acquagranda del 12 novembre scorso ha messo in ginocchio l’isola, le attività e molte abitazioni hanno subito danni gravissimi, ma la gente di Pellestrina è tenace ed è storicamente abituata a fronteggiare il mare e le sue intemperanze. 
Trovate il tempo di farci un salto, di dedicarle un’intera giornata e lei saprà ripagarvi pienamente e sorprendervi con la sua bellezza.

Tramonto a Pellestrina

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