giovedì 14 giugno 2018

Terra mia



Oggi, ahimè,, è l'ultimo giorno di quest'avventura, e bisogna goderselo al massimo, perché il Capo di Leuca rimarrà qui, mentre io prenderò un aereo che mi porterà a Pisa. 

Sono le 7,30 e un manipolo di eroi (Federico, Ilaria, Patrizia, Gaia e il sottoscritto) si mette in marcia dal pozzo di San Pietro in direzione Alessano. 

Il sole è già alto ma le temperature non sono ancora proibitive, tira qualche refolo di vento, e camminare è un vero piacere. Il cielo è di un intenso blu, rallegrato da qualche batuffolo di nuvole, e la luce avvolge i muretti a secco e le pajare, gli olivi secolari e le piante di finocchietto selvatico ed elicrisio.



Un turbinio di profumi accompagna i nostri passi lungo la Via, e c'è anche il tempo per mangiare un fico offerto da un vecchietto solitario che ne ha raccolto qualcuno nel suo secchio, rosso come l'apetta con cui è giunto fin qui: sono i fioroni e sono grossi e succosi, l'ideale per rinfrescare la bocca.


Quando arriviamo a Leuca Piccola è un po' come tornare a domenica scorsa e ripartire dal via; una parte di me vorrebbe che fosse veramente possibile ricominciare tutto da capo, perché quando ti diverti, scopri luoghi nuovi e nuovi amici non vorresti dover tornare a casa, ma il tempo è spesso un despota crudele, e allora via, si continua.
La strada prosegue in un paesaggio più bello ad ogni curva; strani fiori danno una nota di colore ai muretti a secco, i tronchi divisi di alcuni ulivi secolari si attorcigliano fra loro come amanti in preda a un folle desiderio e un passaggio a livello pigro ci lascia passare senza opporre resistenza, del resto i treni che lo tengono occupato sono solo due al giorno.


Il sole e la temperatura crescono di gradazione e, dopo una salita lunga ma lieve, sbuchiamo a Montesardo dove un bar ci accoglie con la sua ombra rinfrancante e il gusto esagerato del caffè salentino: la scura bevanda viene arricchita di ghiaccio e sciroppo di mandorla che lo trasformano in una sorta di pozione magica cui sono ormai addicted.


La tappa successiva è il cimitero di Alessano dove ci ricongiungiamo con il resto del gruppo. Qui si trova l'ultima dimora di Don Tonino Bello, vescovo molto amato dalla gente e animato da una nobiltà d'animo fuori dal comune. La sua bellissima storia ce la racconta il nipote, all'interno di quella che era la casa del Don e che ora è un bellissimo luogo di scambio, confronto e accoglienza, insomma, tutto tranne che un museo.


Il centro storico di Alessano è di una bellezza che toglie il fiato; palazzi nobiliari dalle pareti eclettiche, cortili bianchi pieni di piante e porte colorate, vicoli tortuosi dove si spandono affabulanti odori di cucina e piazze che non portano da nessuna parte. È un gioiello, un luogo che meriterebbe di essere vissuto più a lungo, come tutto questo angolo di Puglia, una regione magica che oltre al mare sa offrire un entroterra ricco e accogliente, fatto di paesi silenziosi e gente generosa e piena di voglia di vivere.



La campanella suona ed è ora di andare, ma un pezzo del mio cuore rimane qui, a Capo di Leuca, incastonato fra la terra rossa e la pietra bianca, in attesa che io possa tornare a prenderlo; sarà un bellissimo modo per tornare a respirare quest'aria profumata, per spalancare nuovamente gli occhi di stupore davanti a tanta bellezza e per riabbracciare gli amici che qui lascio e che già mi mancano.


mercoledì 13 giugno 2018

Pane santo, frantoi ipogei e processioni



La terza giornata dell press tour inizia presto, con la messa per S. Antonio a Patú  con la distribuzione del pane da parte della signora Anna, che non ha dormito tutta la notte per essere pronta a questo appuntamento.
Il suo pane è buonissimo, merito della sua devozione e del suo amore per il santo; tutti i fedeli fanno diligentemente la fila per ricevere dalle sue mani il prezioso panino, ancora tiepido di forno. La tradizione ha un'origine antica: la leggenda narra di una donna che, vedendo un bambino affogato in un calderone, pregò S. Antonio di salvargli la vita in cambio di tanto grano quanto il peso del bimbo, e la sua richiesta di grazia venne esaudita.



Patú è famosa anche per la bellissima chiesa di San Giovanni Battista, datata XII secolo, ricca di affreschi e povera di orpelli. Davanti alla chiesa si trova il Centopietre, un monumento megalitico funebre costruito per ospitare le spoglie del generale Geminiano e composto da 100 grossi blocchi tufacei.



Da qui ci spostiamo a Gagliano dove fa bella mostra di se la chiesa di San Rocco; un bellissimo altare scolpito in pietra leccese è collocato sul lato destro della navata ma l'attenzione viene rapita dall'altare dedicato al Memento Mori, che è un tripudio di piccoli teschi e immagini macabre.



Giusto il tempo di vedere il Santuario di San Francesco da Paola fuori dal quale troviamo le indicazioni della Via Francigena, e cambiamo paese. Corsano ospita la chiesa di Santa Sofia, crollata e ricostruita; alcune delle statue lignee o di cartapesta recuperate dalle macerie sono esposte nella piccola cappella del Sacro cuore. Ce ne sono un paio particolarmente spaventose che rappresentano martiri in un tripudio grand guignole.



Prima del pranzo abbiamo il tempo di andare a Tiggiano a visitare il palazzo baronale e la chiesa di Sant'Ippazio, e poi a Salve dove scendiamo nella roccia per visitare un frantoio ipogeo.


Ci lavoravano, durante l'inverno, i marinai che in estate si occupavano delle attività legate all'acqua e questa cosa è testimoniata dal fatto che i nomi di questi "operai" coincidevano.

Una sosta a base di specialità locali e poi via, verso Ruffano. Qui, nel più popoloso dei comuni di questa città diffusa, oggi è festa grande. C'è la processione del santo, la sua statua argentata è già sul palco ma il vescovo sta ancora parlando, così abbiamo il tempo per visitare la chiesa della Natività della Beata Vergine (o chiesa madre). Le pareti sono coperte da grandi tele raffiguranti scene dal vecchio testamento e gli altari ricchi ed elaborati, soprattutto quello dedicato al santo.
Facciamo appena in tempo a vedere la cripta che il corteo parte, sacerdoti in testa, bambini devoti con palloncini bianchi e carabinieri in alta uniforme e pennacchio a seguire.



Sono gli ultimi fuochi (quelli artificiali saranno più tardi). Rimane il tempo di raggiungere l'agriturismo Sante le Muse dove si cucina come una volta con prodotti a km 0, e assaggiare piatti tradizionali buonissimi cullati da una bellissima musica. La felicità è fatta di piccole cose.

martedì 12 giugno 2018

Le cipolliane e S. Antonio



La giornata inizia presto, molto presto, perché il sole e il caldo sono un dato di fatto e lo è anche il Sentiero delle Cipolliane, il primo appuntamento della giornata. In realtà iniziamo con un passaggio sul sentiero del Ciolo che, dopo essere sceso alle basi di un ponte sfiora acque cristalline e verdi dove qualche bagnante già rinfresca le calde membra. Non è per noi, ahimè; il nostro destino è risalire il canyon sotto un sole assassino, ma la bellezza del paesaggio è il miglior antidoto sul mercato. Ne facciamo il pieno e raggiungiamo la sommità dove una bella pajara fa mostra di sé, poi riscendiamo su strada e, dopo una pausa ristoro in un baretto, ci infiliamo nel sentiero che porta alle grotte, le cipolliane.


Sono insediamenti antichissimi, dove sono stati ritrovati manufatti umani, sacri e non, risalenti a un tempo molto antico, ma non è tutto: secoli e secoli fa, quando il mare era più basso e oltre gli scogli c'era la sabbia, qui ci vivevano i pinguini. Ora, chi mi conosce sa della mia insana passione per questi buffi pennuti, per cui potete immaginare il brivido che, a dispetto della calura, mi attraversa la schiena.



Ma andiamo con ordine. Per arrivare alle grotte ci sono da fare tre chilometri meravigliosi, con il mare sempre a destra, mentre i muretti a secco delimitano il sentiero sulla sinistra. Lungo la via troviamo pajare, piante officinali, fichi d'india rigogliosi di fiori e alghe fossili di un verde opaco. 

Quando arriviamo alla terza e ultima grotta l'ombra ci avvolge con il suo velo di freschezza e la sosta diventa inevitabile.



Da lì a risalire su strada ci vuole poco: il santuario di Santa Maria di Leuca ci attende ed io non vedo l'ora di raggiungere Finibus Terrae. Il sole bacia la piazza come un amante focoso e gli archi del colonnato creano giochi d'ombra nitidi come in un quadro di De Chirico. La chiesa è scarna ma non mi suscita grandi emozioni, a parte il fatto che da delle finestre in alto entrano delle rondini che volano adrenaliniche lungo la navata riunendo natura e spiritualità in un unicum bellissimo. 



Il pranzo si svolge nell'oratorio della parrocchia di S. Ippazio, un santo importato dall'oriente, testimonianza della vocazione di accoglienza e condivisione di questa terra estrema, un tempo fine del mondo e ora cuore pulsante del Mediterraneo. È questo il senso che viene fuori anche dalla conferenza stampa pomeridiana, dove Mons. Vito Angiuli, vescovo di Ugento, ci racconta, insieme ad alcuni sindaci di zona della città diffusa, dei sentieri che hanno il compito di unire e dell'importanza di S. Antonio da Padova in questi luoghi.


La festa del patrono è domani e prima di cena resta il tempo per andare a trovare la signora Anna che da vent'anni impasta e cuoce il pane del santo, che viene distribuito la mattina prima della messa. Rituali antichi per devozioni forti, il sunto di questa giornata bellissima.




lunedì 11 giugno 2018

Da Rimini a Leuca via Montesilvano



Tornare in Puglia è una gioia, per tanti motivi, ma voglio fare un piccolo come again, come dicevano i dj giamaicani, e raccontarvi dei due giorni precedenti.
L'UlisseFest di Rimini è stata una piacevole sorpresa; una manifestazione ben organizzata e ricchissima di appuntamenti a tema viaggio. Sul palco del cinema Fulgor ero in ottima compagnia; con me c'erano Nicolò Giraldi e Daniela Castiglione oltre a Linda Cottino che ha brillantemente condotto l'incontro. A essere onesto sarei rimasto volentieri per i due giorni successivi ma avevo un appuntamento altrettanto importante a Montesilvano.


La libreria On the road di Cinzia e Antonella è un lugo bellissimo e tornare a raccontare le mie storie da loro è sempre un grande piacere (esattamente come il successivo rituale degli arrosticini). 

Quattro lunghe ore di treno mi hanno portato a Lecce dove sono stato preso in consegna da Marco e Melissa dell'associazione Archès. Gli altri giornalisti che divideranno con me questo Press Tour sui riti devozionali dedicati a S. Antonio qui in terra di Leuca, arriveranno domani, per cui oggi pomeriggio godrò di tutte le attenzioni di questi simpatici ragazzi.  Cominciamo col dire che la prima sosta è stata a casa dei genitori di Melissa, dove, nonostante fossero le 16 passate, c'è stato il tempo per qualche pescetto fritto, delle zucchine con i gamberi e un paio di bicchieri di vino. 


In Puglia l'ospitalità è sacra e questa cosa fa parte del suo fascino.

Il clou della giornata è stata la visita al santuario di Leuca Piccola. L'antica chiesertta Mariana era sede di un ospitale per i pellegrini molto particolare: si trattava di un ricovero ipogeo, che garantiva a chi vi sostava riparo dalla calura e acqua fresca grazie a tre grandi pozzi. Testimonianza ne è un'iscrizione sulla porta d'ingresso che racconta in poche parole la storia di questo luogo: “Don Annibal Capece or mi feconda
Se un tempo sviscerar fece il mio seno
Entra qui dunque e ti trattenga almeno L’ombra, il fresco, il vino e l’onda”.




Attorno alla chiesa sorgeva un ampio complesso rurale che ora è diviso in due dal passaggio di una strada. La chiesa ospita affreschi antichi raffiguranti alcuni santi e la sinopia dell'immagine della madonna col bambino presente nel santuario di Leuca; ci sono anche un paio di suggestivi, piccoli confessionali scavati nella pietra e dal tetto, fortificato per i continui assalti dei pirati, si gode una vista stupenda sul territorio circostante.



Da qui ci siamo mossi a piedi attraverso una campagna bellissima verso il pozzo di S. Pietro. Leggenda vuole che l'apostolo, sbarcato a Leuca, si sia dissetato proprio con l'acqua di questo pozzo. Poco più avanti c'è una piccola chiesa dedicata al santo; fu edificata nel X secolo, probabilmente sui resti di una struttura preesistente. È costruita con grosse pietre recuperate dall'antica città messapica di Vereto e non ha più il tetto sostituito da una larga tettoia. Quando arriviamo è in corso il rosario cui seguirà la santa messa, ed è bello sapere che una chiesa così antica sia ancora attiva. 



Il piccolo paese di Giuliano di Lecce è a poche centinaia di metri e ne approfittiamo per girarne il meraviglioso centro storico. Splendidi palazzi, un castello, la bella chiesa fanno da contorno a una realtà silenziosa e sospesa. Ci sono molte iscrizioni sui muri, recitano massime di saggezza e c'è anche una bella loggia, quella degli sberleffi, caratterizzata da tanti volti distorti in espressioni denigratorie.



La giornata finisce qui; il primo assaggio di questa meravigliosa terra è stato un pasto completo. Domani sarà ancora meglio.