lunedì 5 giugno 2017

Il bosco magico e i vecchi ricordi improvvisi


Trentaquattresima tappa, Stazzano - Bosio, 19 km.

Pioverà? Non pioverà? Il primo pensiero appena sveglio è questo. L'ho già detto, la meteorologia non è una scienza esatta, per questo si dice previsioni del tempo, perché tirano un po' a indovinare, sapendo che a volte basta un buon giro di vento per cambiare tutto; qui sull'appennino, poi, tutto è ancora più relativo, roba di microclimi a confronto e correnti imprevedibili.
Comunque quando esco (sono le 6,10) le nuvole e il cielo sgombro si equivalgono e io voglio pensare positivo.
Il borgo storico di Serravalle Scrivia, diviso da Stazzano solo da un ponte, è illuminato dai raggi radenti del nuovo sole che lo rendono suggestivo; lo stesso non si può dire della parte moderna del paese, discretamente raccapricciante. 
La abbandono subito salendo il primo dislivello della giornata, niente di esagerato, 100 metri fino alla chiesetta di Montei dove  raggiungo il quinto km. La cappella è ovviamente chiusa ma anche da fuori ha un suo fascino grazie a un bel dipinto della Madonna con bambino. 
Pochi metri ancora sull'asfalto poi inizia la sterrata delle ginestre e camminare fra muri di giallo è un piacere per gli occhi.
La stradina, metro dopo metro, inizia a restringersi trasformandosi in un sentiero che abbandona i vigneti per addentrarsi in un fitto bosco oscuro. 
Tutto cambia, l'esterno perde in consistenza e in tangibilità, nuovi rumori prendono il posto dei precedenti e ci si addentra in una dimensione magica, in una realtà parallela.
Camminare in saliscendi con il terreno morbido del sottobosco è forse il mio modo preferito di mettere un passo dopo l'altro, mi ci abbandono totalmente e la memoria mi riporta immediatamente a due anni fa, alla Via Francigena e al passaggio che segue lo scollinamento della Cisa portando giù a Pontremoli. 
La sensazione base che provo attraversando un ambiente come questo è quella di una solitudine sana e in armonia con la natura, ma c'è anche qualcos'altro, una punta di timore; non so perché ma immagino di trovami di punto in bianco di fronte a un cinghiale, o peggio, davanti alla madre di tutti i cinghiali dell'universo: è un pensiero che cammina con me, ma che poi, fortunatamente, non trova riscontro nella realtà.
Vado avanti così per circa 4 km, poi il sentiero torna una sterrata e poco dopo si reimmette sull'asfalto e ci rimane fino all'ingresso a Gavi. 
È qui che il secondo ricordo mi passa improvvisamente nella testa: il mio amico Gregorio che viene a pranzo quando ero ancora a casa con i miei, una cosa di quasi trent'anni fa. Aveva portato una bottiglia di vino bianco, un Gavi di Gavi, e ci avevamo pasteggiato allegramente,  con grande​ soddisfazione di palato. È un ricordo così vivido che non lo posso tenere solo per me così prendo il telefono e chiamo il mio amico, amico ritrovato dopo qualche anno di dispersione e do uno scossone alla sua memoria creando un bel momento di condivisione; quando alla fine chiudo la chiamata faccio il mio ingresso in paese.
Il borgo è dominato dal grosso forte adagiato in cima al colle ed è pieno di vita; la chiesa di San Giacomo, che meritava una visita, come da copione è chiusa e a me di aspettare che apra per la messa delle 11,45  proprio non va: sono solo le 9,30. Faccio una breve sosta per bere qualcosa, liberare i piedi e fare un po' di selezione delle foto, poi è un refolo freddo a ricordarmi che ho ancora mezza tappa da fare: le nuvole si sono ammassate e fate scure e non è una cosa buona.
Riparto veloce, attraverso un ponte che non ha le sponde ma da cui si gode una visuale bellissima del borgo e del forte quindi mi rimetto nei campi. 
Si ricomincia a salire dolcemente, si passa davanti a veri e propri anfiteatri di vigneti e vedute dei monti che saranno il mio pane per i prossimi due giorni. Il cielo si fa color del piombo e quando sbuco di nuovo sull'asfalto alzo il ritmo e attraverso veloce le frazioni di Zerbetta e Cadimassa; Bosio è li, neanche a due km ed io accelero ancor di più, fino a sembrare un campione di marcia, uno alla Maurizio Damilano.
L'ultima salita, quella che conduce direttamente in paese, è brevissima ma intensa poi finalmente posso chiudere la tappa. 
Dormo in un posto bellissimo gestito da Paola, una donna interessante con cui rimango a parlare per più di un'ora passando dalla Val di Susa all'alimentazione senza soluzione di continuità. Un'accoglienza calorosa è spesso una vera manna per un viandante solitario perché è in grado di spezzare, per un attimo, il minimalismo che caratterizza il suo Cammino. Oggi è così, si parla e solo dopo vengono la doccia, il bucato e tutto il resto.
Domani tornerà il mood abituale, si salirà ancora, e sarà ancora più bello.

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