giovedì 8 giugno 2017

Quando un'avventura trova la sua conclusione


Trentasettesima tappa, Pontedecimo - Genova, 15 km.

Mi sveglio presto, più presto del previsto, sono le cinque e qualcosa di frenetico si agita dentro me, mi scuote, vuole che io mi alzi subito e faccia ciò che va fatto: tentare di ignorarlo è perfettamente inutile
Lo zaino è pronto da ieri sera per cui mangio i cornetti regalatimi ieri sera dal pasticciere viterbese e tifoso della Lazio (come il sottoscritto), bevo un caffè e poi affronto l'ultima salita.
La strada sale senza pietà fin dall'inizio; da sotto vedo uno dei forti lì in cima, la sua silhouette si staglia contro una quinta di luce creata dal sole che sta scavalcando i monti a est. Il primo sentiero che taglia un pezzo di asfalto non vuole essere da meno e sale ripido a gradini sconnessi e semi coperti dalla vegetazione; sbuffo un po'  ma continuo del mio passo, con regolarità. 
Quando esco nuovamente sull'asfalto sono oramai una maschera, è presto ma caldo e fatica mi hanno già trasformato nella zampillosa fontanella ambulante​ che sono per natura. Rifiato un po', il forte è un po' più vicino ma neanche tanto e la memoria va per un attimo alla torre di Radicofani, al suo essere sempre lontana e inafferrabile
Poche centinaia di metri e raggiungo una piccola chiesa dove un nuovo sentiero scende per poi risalire; è sempre in stile foresta amazzonica, faccio fatica e perdo anche un po' la pazienza: questa cosa che qui non si riesca proprio a tenere pulito un sentiero è una delusione.
Emergo nuovamente su asfalto ad un incrocio, pochi metri e un nuovo sentiero si dipana salendo rapidamente l'ultimo muro di bosco; un vento molto forte si è alzato e si insinua fra gli alberi portando un po' di refrigerio che, unito allo spianare del sentiero mi fa tornare il sorriso.
A togliermelo, quasi subito, è un verso, quello di un animale, qualcosa fra un ringhio e un rutto;  forse ci siamo, forse mamma cinghiala è venuta a reclamare il suo dazio di sangue ed io sono il prescelto: non aspetto che arrivi una risposta e accelero il passo percorrendo qualche centinaia di metri alla velocità della luce (o almeno a quella più veloce consentita dallo stretto sentierino. Quando esco dalla giungla la prima volta il panorama mi travolge: il centro di Genova ancora non lo vedo perché è nascosto dal secondo muro di bosco ma vedo il mare alla mia destra e le montagne tutto intorno. È un momento bellissimo, il cielo è pieno di linee bianche (ma non sono scie chimiche, per carità), il sole mi bacia con tenerezza e il vento mi schiaffeggia duramente: sono un essere piccolo piccolo preda assoluta degli elementi e va bene così.
Alla mia sinistra, in alto, c'è Forte Fratello Minore: lo vedo ma non è la mia meta per cui dopo aver fatto qualche foto e tirato un paio di sorsate dalla borraccia riparto veloce per aggirare in quota l'anfiteatro naturale in cui mi trovo.
Capisco che sono vicinissimo al crinale quando il vento torna nuovamente a strattonarmi, poi la vedo, dapprima nascosta fra gli alberi poi, quando esco sulla cresta, in tutta la sua magnificenza: Genova è ai miei piedi, laggiù, adagiata sul mare da un lato e dall'altro aggrappata alle montagne, con la sua storia e i suoi Carrugi che tanto mi affascinano.
Volevo fare un video scemo di quel momento e invece, mentre provo a farlo, le lacrime trovano la strada per uscire ed io rimango lì a guardare quello spettacolo meraviglioso con occhi velati di pianto.
Forte Puin è il primo che incontro, ci giro intorno trovando per un attimo riparo alle folate di vento dietro i suoi bastioni; poi viene Forte Sperone che si cela abilmente fra gli alberi e infine Forte Begato, dove la strada comincia a scendere ripida verso la Superba. Non ci vuole molto ad arrivare giù e poi a proseguire verso Piazza San Giorgio, il km 0 della Via Postumia, la fine definitiva di questa avventura. C'è gente, la città è piena di turisti e non c'è tempo per altre lacrime, quello è stato un momento intimo, da vivere più vicino al cielo, ora è tempo di bere, birra rossa, due.
Anche questo Cammino ha trovato, inevitabilmente, la sua conclusione come da copione; io sono pieno di nuova esperienza, di immagini, di sapori, di nuove amicizie, e di consapevolezza e credo possa considerarsi uno stato di grazia, quel bel momento che dura fino a quando capisci che il giorno seguente non metterai nuovamente un passo dopo l'altro lungo la stessa Via, ma, come direbbe il mio omonimo, Mr. Vitiello, va bene così.
Ciao Postumia, sei stata un bel percorso di vita: grazie!

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