martedì 14 luglio 2015

I dolori del piede e la salita infame

Radicofani - Acquapendente, 24 km?
Metto il punto interrogativo perché non lo so quanti chilometri ho fatto veramente: la guida diceva 23, la App 24 e io ho dato retta alla App (che sarà mai un chilometro in più). Si vedeva già confrontando la cartina che qualcosa non quadrava ma, come si dice, è inutile piangere sul latte versato. Non polemizziamo e via con la cronaca.
Esco alle 5,30, Radicofani dorme. C'è già un minimo di luce e in lontananza vedo tre figure zaino munite che mi precedono. La discesa è tutta su sterrata, giù, lungo un bellissimo crinale che emerge dalla nebbia che riempie la valle a destra e a sinistra. Appena il sole fa capolino lo spettacolo ha inizio: fantasmagorici contrasti di colore, di luce ed ombra, emersioni suggestive di alberi e ruderi da quel mare di orzata che riempie tutto il circostante. Non faccio che fermarmi e scattare foto e questo non va bene ma come resistere? Come???
Sono buoni 7 km fino a Ponte a Rigo, villaggio inesistente fatto di una chiesetta assurda (sembra più un capannone industriale), un bar (che timbra la credenziale) e tre case di numero. La Cassia comincia a popolarsi lentamente per cui prendo un rapido caffè ed esco lasciandomi alle spalle un nutrito gruppo di pellegrini spagnoli caciaroni.

Dopo un km di Cassia si prende una strada a sinistra e il traffico si riduce del 99%.
Quando poi si abbandona anche questa per una sterrata il traffico cessa di esistere. Passo attraverso una valle larga e piatta piena di balle di fieno e girasoli: sono in brodo di giuggiole, la mia Nikon pure. 
Sarebbe tutto meraviglioso se il mio piede sinistro (quello martoriato dalle storte e torturato dalle ortiche) non incominciasse a lanciare segnali di allarme, bip bip bip. Il bip del piede va ascoltato e capito subito, altrimenti si rischia grosso.
Mi siedo per terra all'ombra di un albero e analizzo il sandalo: è ai minimi termini, ha dato quasi tutto quello che aveva da dare e, vista la sua età, è già un miracolo che non si sia rotto. È giunto il momento di far entrare in azione le scarpe comprate a Siena.

Riparto con la difficoltà che si ha indossando una qualunque scarpa nuova ma devo dire che il tempo di adattamento è più breve del previsto.
La sterrata prosegue salendo e percorre un bel crinale con viste mozzafiato sulla campagna dell'alta Tuscia Viterbese. In lontananza scorgo Proceno, piccolo paese arroccato che sarà la mia prossima sosta. Devo liberare i piedi e farli raffreddare perché il dolorino sotto la pianta non è scemato. Arrivo al bar sulla piazza centrale, mi siedo a un tavolino, mi tolgo gli scarponi e i calzini (nessun ferito) ed entro a piedi nudi neanche fossi a Stromboli.
Mi sparo due chinotti e mi prendo il tempo per fare un po' di editing alle foto e schiaffarle sui social. 
Acquapendente è a soli 6 km e ci vorrà poco più di un'ora.

Quando il piede mi dà l'ok riparto con grinta e scendo rapido prima su strada poi per un sentiero poco curato e gonfio di rovi fino ad arrivare di nuovo su asfalto e da qui, poco dopo, sulla Cassia. 
Ci sono due possibilità: 4 km di Consolare in dolce salita o la "direttissima", 2 km di salita infame con pendenze a tratti proibitive: vado per il Gran Premio della Montagna. Fortunatamente ci sono molti alberi e il sole trova poco spazio per venire a funestare il mio Cammino. 
Sono stanco, faccio fatica, sento la faccia accartocciarsi intutte le smorfie del catalogo sofferenza; a un certo punto mi fermo a bere e divoro in un nanosecondo una barretta gusto cioccolato mezza squagliata e così, bello dopato, faccio gli ultimi 500 metri ed entro ad Acquapendente, ignaro della reale entità del mio camminare.

Animale totemico di oggi: la mucca bianca vulgaris. Non per particolari meriti ma perché è l'unico animale che ho visto. Si sa, alle mucche piace vincere facile.
A Roma mancano 147,9 km.
San Ferreolo veglia sulle mie appendici inferiori.

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