sabato 18 luglio 2015

Fra gli ulivi, i cani strani e i cani bradi

Viterbo - Vetralla, 18,3 km.i
Se fossi partito a maggio oggi avrei scelto la variante dei monti Cimini che mi avrebbe fatto risparmiare un giorno facendomi passare per dei luoghi che da ragazzo conoscevo bene. Invece sono partito nel giugno dell'estate più calda da 136 anni, record mondiale di sfiga applicata alla sentieristica per cui ho scelto Vetralla e ho fatto bene. Alle 9 quel simpaticone di Caronte già rompeva i cabbasisi con le sue botte di caldo e anche la minima salita risultava stancante oltremisura. Ma veniamo alla cronaca: alle 5,30 esco da Viterbo Porta Valle e mi avvio per una stradina stretta e solitaria.
Abbandono i miei sandali morti su un palo indicatore e osservo il minuto di silenzio che si concede ai valorosi e agli eroi: loro lo erano.

Poco più avanti arrivo ad un altare votivo dedicato ai SS. Martiri Ilario e Valentino; è lì che faccio la prima sosta, mangio due susine e bevo un po'.
Appena caricato lo zaino mi  dirigo verso la stradina su cui puntano isegnali e mi accorgo in sequenza che: 1 - la stradina è chiusa in fondo da un cancello 2 - fra me e il cancello c'è un enorme cane bianco 3 - oltre il cancello un cane nero medio sopraggiunge baldanzoso. 
Un rivolino di sudore mi scende lungo la schiena: ha tutta l'aria di un'imboscata.
Faccio un paio di passi in avanti e paradossalmente il grosso cane bianco si fa prendere dal panico e cerca di rientrare nel giardino di appartenenza da un buco scavato per terra. Il buco risulta troppo piccolo e così il bestione si arrampica sulla rete con sforzo immane e riesce a catapultarsi al di là, al sicuro. Lancia un ululato triste e prolungato e io rimango bssito. Mi giro nuovamente verso il cancello e scopro che, magicamente, il nero medio è al di qua (e da dove sia passato è tuttora un mistero). Mi avvicino a piccoli passi e quello, appena gli sono a due metri si infila nel buco sotto la rete, fa mulinare le zampe posteriori e sgaiattola dentro anche lui. Non so cosa pensare. Istintivamente mi giro a controllare  che alle mie spalle non ci sia un Velociraptor, che sia lui il motivo della fuga dei cani ma non c'è nessuno.

Raggiungo il cancello: chiuso, con catena e lucchetto. Poi vedo che il lato sinistro nasconde un minicancello, tiro il chiavistello e quello si apre: voilat, si passa, ma non si spiega il mistero del cane. Perché indagare?
La tomba etrusca trasformata in catacomba che si incontra poco dopo è ovviamente chiusa per cui proseguo per la mia strada che, sotto forma di sterrata,  da qui in poi segue passo passo la statale 204, gli passa sopra e sotto un paio di volte e alla fine la molla al suo destino. Prima di farlo però mi regala ben altri due incontri cinofili.
Il primo: quasi all'inizio si passa per una specie di tagliata etrusca e sento abbaiare molti cani; passo accanto ad una spaccatura dove una stradina gira e si infila e lì c'è il comitato di accoglienza. Sono 4 o 5 e mi guardano non proprio amichevolmente. Io tiro dritto veloce per sparire al più presto dalla loro vista; si sa, lontano dagli occhi... Funziona.
Secondo: pochi minuti dopo un rumore attira la mia attenzione, mi giro e un metro indietro c'è un cane bianco, senza collare che passeggia al mio fianco. Non sembra aggressivo ma non averlo sentito arrivare mi inquieta non poco. Ci facciamo piu di un km insieme e io già fantastico di essere stato adottato, del veterinario da trovare a Vetralla e tutto il resto lui invece ad un bivio con una madonnina decide di andar da solo e sceglie la destra, io, ovviamente, la Sinistra.

Il paesaggio cambia, si comincia a camminare fra degli oliveti bellissimi, si sale ma in ombra e quando si arriva in cima al crinale tira anche un po' di venticello. C'è un'area sosta esposta al sole ma non si sta poi così male e così bevo un altro po' e mi riposo. A fianco un rudere di casa svetta sulla cima della collina: è così malandato che sembra debba venir giù da un momento all'altro. 
Riparto in discesa, sbuco su una strada e ne faccio un pezzettino poi nuovamente su sterrata si risale, altri olivi, qualche vigna.
Da qui in poi la sterrata si stringe un po' e scende rapida fino a pasare un fosso asciutto; bisogna risalire ed è qui che ho l'ultimo incontro del giorno. Faccio una ripida curva, larga,  lo sguardo è basso e non lo vedo fino all'ultimo. È un maremmano, grande, molto grande, è disteso per terra e pare morto. Gli passo a due metri e lui alza la testa, ci guardiamo: il suo sguardo dice "fa così caldo che anche il solo pensare di abbaiare mi affatica" il mio dice
"L'attuale temperatura non mi consente di esserti di disturbo in alcun modo" e così lui si rimette a dormire e io passo. 
Venti minuti dopo sono a Vetralla, sano e salvo.

A Roma mancano 77 km. Bau.

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