Come è difficile scrivere questo post sapedo che sarà l'ultimo, chiudere questo diario, questo Cammino che per me hanno significato veramente tanto. Sarei un bugiardo se dicessi di non essere contento di aver finito, di non dover più caricarmi gli 8/9 chili di zaino sulla schiena ogni mattina ma è tipico mio provare quella sorta di malinconica euforia alla fine di un'esperienza profonda e coinvolgente come questa, la stessa che avevo prima di partire, ricordate? Solo che allora tutto doveva ancora succedere, era il futuro mentre oggi, da quando ho attraversato il colonnato del Bernini, tutti i ricordi, le storie, gli incontri di questa avventura si sono sistemati docilmente in una scatola del reparto "passato" dove resteranno tranquilli, a riposare, per esere tirati fuori ogni tanto, rispolverati e ricordati.
Non la voglio fare lunga e smielata per cui, sotto con la cronaca.
La Cassia è meno trafficata la mattina presto e riesce ad apparire come una strada normale.
Ne percorro un tratto poi la abbandono per la più familiare Via Trionfale. Cammino con prudenza, i marciapiedi sono entità fluttuanti, appaiono e scompaiono ma quando sbuco all'altezza del vecchio manicomio di Santa Maria della Pietà il percorso si stabilizza, si trasforma in cittadino e tutto diventa più semplice, almeno dal punto di vista logistico. Si, perché da quello emotivo si complica assai: io da queste parti ci sono cresciuto, le ho bazzicate per lunghi anni e il Cammino, neanche a farlo apposta, passa davanti a tanti dei luoghi che hanno segnato la mia adolescenza.
Piazza Walter Rossi è uno di quelli.
Io nel 77 avevo 12 anni ma quella storia me la ricordo bene, come mi ricordo la chiesetta dove Aldo Moro si fermava sempre per la messa mattutina e dove doveva andare anche la mattina in cui fu rapito (via Fani è proprio lì dietro). Sono passato davanti a Via Trionfale 5697, la prima casa che io ricordi, quella dove sono cresciuto, e poi la pineta dove si andava a giocare, il bivio per Lo Zodiaco, il curvone panoramico dove si andava a pomiciare (che peraltro non esiste più), il chiosco delle grattachecche della Sora Maria con il suo fenomenale lemoncocco, le case degli amici e i mille altri singoli posti a cui è legato un ricordo, una sensazione. Insomma, la Francigena in quest'ultima tappa è diventata una specie di Viale dei ricordi e questo non ha fatto che accrescere quel magone che da stamattina si stava formando dentro me.
Ho finito la discesa e ho imboccato via Leone IV fino a piazza risorgimento, poi dritto fino al colonnato e dentro Piazza San Pietro. Sono entrato in basilica quando pensavo che non l'avrei fatto, ci sono stato appena 10 minuti, il tempo di fare qualche foto perché il raccoglimento, lì dentro, è possibile solo a tarda notte, quando la chiesa è vuota. Poi la lunga trafila per entrare in vaticano: perquisizione, documenti e finalmente arrivo davanti ad una porta dove mi attende un segretario che controlla la mia credenziale e poi mi lasciia ad aspettare fuori.
Mi sento strano, credo che sia per il fatto che mi aspettavo un prete o un frate e che la cosa della pergamena sarebbe avvenuta sotto i miei occhi. Passano pochi minuti e il segretario riappare e prima mi mostra il timbro finale sulla credenziale, poi mi porge il Testimonium. C'è il mio nome sopra, lo guardo di sfuggita poi saluto il tpo, lo ringrazio e me ne vado. Il tempo di uscire sul piazzale e parte il pianto, liberatorio e irrefrenabile; guardo ancora la pergamena con il mio nome e gli occhi si appannano.
Sembrerà strano, lo so, ma è stato piu forte di me e comunque non freno mai questi momenti, anzi, li lascio andare: piangere fa bene, è catartico, butta fuori attraverso le lacrime, la cosa più pura al mondo, i malesseri, le tensioni, le negatività accumulate e può essere espressione di gioia, di piacere intenso. Le donne lo sanno molto bene, sono molto più sensibili e molto più avanti di noi maschietti in molti settori, compreso questo.
Badate bene, non c'è nulla di mistico o religioso in tutto ciò, è lo stesso pianto che feci anni fa quando, dopo solo 15 giorni di cammino lungo l'Offa's Dike Path (il confine fra Galles e Inghilterra), svuotai la boccetta di acqua marina riempita alla partenza dalla costa nord nel mare della costa sud, a sancire la fine di quel Cammino.
È come chiudere un cerchio, dichiarare a se stessi di aver fatto un buo lavoro, di averlo portato a termine nei tempi e modi pattuiti; è un bel flusso di energia inarrestabile che fortifica e gratifica ed è una cosa bellissima.
Sono andato a riprendere il mio documento e il commesso mi ha guardato con un'espressione sorpresa. "Mi scusi, mi sono commosso" gli ho detto fra i singhiozzi e lui mi ha sorriso rispondendomi che non dovevo preoccuparmi; mi piace pensare che nelle mie larime abbia intravisto un barlume di quel flusso che mi stava attraversando.
Mi sono seduto sotto il colonnato e ho telefonato a Bea perché nessuno meglio di lei poteva comprendere il mio stato d'animo; con un tono allegro e gioioso mi ha detto le parole che volevo sentirmi dire e la ringrazio immensamente per questo.
Vorrei ringraziare anche quelli che hanno interagito con me e con questo Cammino, seguendo il blog, spulciando le foto, lasciando commenti e, perché no, anche scrivendo stupidaggini. Sapervi attenti e vicini mi ha fatto sentire meno solo in questo lungo viaggio e ve ne sono debitore.
Ora è il momento di riposarsi, di assaporare la soddisfazione, poi verrà il momento di trascrivere su carta tutte le esperienze e i ricordi , finché sono ancora freschi, di cercare di creare un diario di viaggio che sappia raccontare il Camminare come esperienza nel senso più ampio del termine, che suggerisca una nuova modalità di viaggiare e scoprire nuovi luoghi o di vederne alcuni già noti da un punto di vista completamente diverso, insomma un libro e non una guida che possa far capire lo spirito con cui ho affrontato la Via...ops... la Mia Francigena. Vi terrò aggiornati.
Per ora, fine delle trasmissioni.
Buon Cammino a tutti.
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