San Quirico d'Orcia - Radicofani, 30 km.
Sulla carta era una tappa difficile, sia per i tanti chilometri che per la salita finale alla rocca di Radicofani: lo è stata.
Sono partito alle 5 precise, fuori era buio a parte un leggero rossore verso est; la strada bianca fino a Vignoni Alta è spettacolare come vedere la Val d'Orcia colorarsi lentamente con il sorgere del sole. Il borghetto è silenzioso quasi sempre ma stamane c'era da spaventarsi ad ascoltare quel "nulla". Un buon ritiro, sarebbe il luogo ideale: no bar, no ristorante, no negozio, zero.
Scendo a Bagno Vignoni e sulla strada c'è un cucciolo di cinghiale morto, sicuramente investito da una macchina; mi si stringe il cuore come per tutti gli uccellini, serpenti, topini e rospi che ho visto morti e travolti sulle strade di questo lungo, lungo Cammino.
Bagno Vignoni è il gioiello di sempre con la sua vasca borbottante; non ci sono i turisti che di solito la affollano e vi assicuro che è molto meglio.
Posso goderne poco, ahimè, Ghino aspetta, la sua torre è lì in fondo, lontano, che mi sfida con la sua maestosità e io non posso tirarmi indietro.
Fino a Gallina è tutta Cassia ma grosso traffico non c'è. Con me camminano Francesca, sessantenne svizzera e un italiano di Bolzano. Facciamo il gioco dell'elastico fino al bar dove si abbandona la strada per la sterrata. Li loro si fermano a mangiare qualcosa e io continuo in solitaria perché le grosse sfide si affrontano così.
La sterrata si trasforma presto in strada abbandonata: è un tratto di Cassia dismessa il cui asfalto è grinzoso e bitorzoluto come la pelle di un dinosauro. Sale leggermente ma è ancora presto e il caldo è lieve e tira anche un po di vento. Ai lati i magnifici scenari della valle con i casali, i campi coltivati e gli alberi solitari.
Si sbuca infine sulla Cassia attuale e ad una pompa di benzina scambio due chiacchere con un nibelungo alto due metri, vestito da militare e con uno zaino gigantesco che sta facendo la Francigena da Roma a salire. Ci scambiamo un paio di dritte e poi via.
In realtà mi rifermo quasi subito: il sentiero passa lungo il fiume Paglia e le sue acque limpide. Non mi faccio sfuggire l'occasione, sfilo i sandali e metto i piedi a mollo; immediatamente un gruppo di pesciolini curiosi vengono a fare conoscenza con le mie appendici inferiori. Non sono loro però gli animali totemici di oggi bensì i Grilli Grulli che affollano il sentiero che comincia a salire e che saltando al mio arrivo si scontrano fra di loro come se pogassero, grilli punk del fiume Paglia, un super numero da circo.
Il sentiero ridiventa sterrata e aumenta la pendenza; ci siamo, da qui in avanti non si scherza più. Esco su strada e mi rifocillo per lo strappo finale.
Stringo i denti e stabilizzo il ritmo, bisogna andar su con cautela o si rischia il crollo. La torre è lì, la vedo ma ad ogni curva sembra che si sia spostata un po' più in là in una specie di rimpiattino crudele.
Sbuffo, il caldo cerca di fermarmi ma io ho in testa la marcia di Radetzki e non c'è nulla che possa ostacolarmi.
100 metri, altri 100 e così via, la strada sale ma alla fine arriva al bivio e da lì al centro del borgo sono pochi metri (comunque in salita).
Gli alberi ricoprono tutto dando un piacevole senso di frescura ed anche il vento sale di giri ed è così che sconfiggo Ghino di Tacco e conquisto Radicofani.
Ghino era una specie di Robin Hood nostrano ma per questo vi rimando a wikipedia.
Dalla torre vedo dove ero ieri e dove sarò domani e un sacco di altre cose: è la magia di questo luogo, 360° di panorama mozzafiato.
A Roma mancano 171,7 km e domani si scende.
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