San Miniato - Gambassi Terme, 24 km.
È sicuramente una delle tappe più belle di tutto il cammino e credo che da qui a Radicofani saranno tutte meravigliose.
Alle 6,40 mi muovo, e mi lascio alle spalle la bellissima San Miniato, la sua torre e le sue stradine.
C'è un primo pezzo di asfalto, tutto messo in sicurezza con ringhiere di legno (si vede che siamo in Toscana) poi si imbocca una strada bianca e non la si molla praticamente più.
La salita iniziale (uno strappetto veloce) taglia un po' le gambe complice il caldo già alto ma la fatica viene ripagata alla grande. Sia a destra che a sinistra si aprono paesaggi incantevoli sulle colline e i campi coltivati; i giochi dei colori e delle linee non possono che solleticare la vista di un fotografo per cui scatto a ripetizione.
A un certo punto, accanto ad un albero, un cartello recita "Francigena's Book" e in effetti in un contenitore, ben riparato da una pentola rossa, c'è un'agenda che serve come libro dei pellegrini; lascio il mio mesaggio e la mia firma e schizzo via (sedersi del resto era impossibile, la panchina è collassata).
Continuo in un dolce saliscendi poi mi infilo in un boschetto rendendo grazie per l'ombra. È proprio allora che, distratto dalla bellezza del posto, metto un piede in fallo e rischio nuovamente di sfracellarmi una caviglia, sempre la stessa, la sinistra. Santi bastoncini, sempre siano lodati: i miei migliori amici.
Mi siedo un attimo giusto il tempo di far scemare un po' il dolore poi riparto.
Sono andato veloce, Gambassi è solo a 8 km, la vedo in lontananza.
Il passo è un po rallentato, non voglio sforzare vista la botta presa.
Su un paletto con la segnaletica della Francigena qualcun'altro ha lasciato le sue scarpe ormai morte, dopo una lunga agonia fatta di cedimenti strutturali e di improbabili tentativi di riparazione con nastro adesivo nero. Spero abbia trovato dei validi sostituti altrimenti abbiamo un pellegrino scalzo lungo la Via.
Passo di fianco a un casale abbandonato e trovo un uccellino atterrato/atterrito. Non riesce ancora a volare ma le ali le muove bene. Provo a prenderlo con delicatezza ma lui scappa come può ed io non voglio accrescere il suo trauma. Mi basta sapere che sta bene e che l'istinto è dalla sua parte; ce la farà, è il mio animale totemico di oggi.
L'ultimo tratto è il più infame, sale "abbestia" come si dice qui. Sono 5 km ma sembrano mille: le distanze, verso la fine della tappa assumono un valore tutto loro, che va oltre la misurazione standard, diventano relative. Subentrano fattori che le dividono e le stravilgono, come la fatica, la voglia di una limonata ghiacciata, il caldo, le visioni mistiche di Fantozziana memoria.
Quando è così c'è solo una cosa da fare: occhi bassi sul sentiero e mai guardare il nemico, la meta.
Gambassi è un forno ma il bar centrale (oasi del pellegrino) sa il fatto suo, mi coccola e mi timbra pure la credenziale. Cosa volere di più?
A Roma mancano 297,8 km, let the countdown begin
Nessun commento:
Posta un commento