Acquapendente - Bolsena, 22 km.
Caronte è arrivato, lo so. Lo sento appena apro gli occhi alle 4,30 e la stanza invece di essere fresca per la finestra rimasta aperta tutto la notte è già calda. Il cuscino è zuppo e ci sono piccole chiazze rosse: le zanzare si sono nutrite di me stanotte.
Mi lavo e mi vesto in fretta perché ormai ogni tappa è una corsa contro il tempo.
Alle 5,15 sono al bar per fare colazione e un quarto d'ora più tardi sono in Cammino.
C'è un po di Cassia da fare, non molta poi ci si butta fra i campi per una comodissima sterrata che attraversa terreni seminati a girasoli, a pannocchiame (chi si rivede) e a un po' di tutto.
Ci sono due annaffiatori agricoli che irrorano anche il passaggio ma è un po troppo presto per una doccia gelata; aspetto che entrambi facciano il loro giro poi passo e vado oltre. C'è unbellissimo casale abbandonato che con i primi taggi del sole sembra ancora più cupo: magia della luce radente.
Arrivo a San Lorenzo Nuovo che è l'unico paese che si incontra oggi. C'è una piazza con delle panchine all'ombra e ne approfitto per fare una sosta. Riempio la borraccia con acqua fresca e mi guardo un po' intorno. È strano, sembra che dopo la piazza, in fondo alla strada non ci sia nulla, una sorta di vuoto cosmico. Siamo sul bordo del cratere vulcanico che ospita il lago di Bolsena, proprio in pizzo in pizzo e appena mi affaccio rimango sbalordito. Ci sono stato, forse un paio di volte, ma non me lo ricordavo così grande, con le isolette e tutto il resto. Rimango ad osservarlo inebetito fino a quando un vecchietto mi si avvicina e mi fa "ma non si vergogna a camminare con questo caldo?"
Vengo improvvisamente rapito dal mio momento di estasi e ricatapultato nella mia condizione di pellegrino.
Bisogna ripartire, sento il caldo fiato di quel gran carognone del nocchiero addosso.
Un chilometro di Cassia poi di nuovo per boschi e campi. Il sentiero sale e scende ma lo fa dolcemente e c'è tanta bella ombra a mitigare il bollore.
Gli scorci che si aprono di tanto in tanto sul lago laggiù rendono il Cammino assai più facile; ci sono delle belle panchine all'ombra qui e là e ad un certo punto spunta fuori anche una bella fonte di acqua freschissima che non era segnalata e che rinfranca spirito, gola e pure testa (una bella doccetta quando ce vò ce vò).
Poco dopo, mentre sono lì che cammino guardando il sentiero i miei occhi incontrano una susina, piccola, rossa; alzo lo sguardo e vedo un albero di cui nessuno si prende cura se non la natura stessa che lo fa crescere rigoglioso e pieno di frutti. Allungo una mano e colgo la prima susina che mi capita a tiro. La strofino ben bene sulla canottiera e me laschiaffo tutta intera in bocca. Rintocchi di campane, esplosioni di fuochi artificiali, cori da stadio: tutto questo nella mia testa ovviamente, per sancire la maestosità di gusto di quel piccolo frutto.
Inutile dire che faccio razzia dei rami più bassi, dubito che qualcuno avrà qualcosa da ridire.
Ho appena gettato l'ultimo seme nel prato quando le mie orecchie percepiscono un suono familiare. Alzo nuovamente gli occhi a scrutare il cielo ed eccolo là, l'animale totemico di oggi, un bel falco che gira in tondo alla ricerca della preda. Lancia il suo verso, quasi un fischio, acuto e penetrante e io rimango incantato ad osservare le sue evoluzioni, il suo cavalcare il vento senza un battito d'ali. Faccio anche un po' il tifo per il coniglietto, sua preda naturale ma in fondo è la natura ed è così che deve essere.
Ho una stanzetta riservata in un ostello che si proclama a pochi passi dalla Francigena. Ecco, vorrei aprire qui ora, con voi, un dibattito sul tema: interpretazioni del termine Pochi Passi e sue possibili conseguenze.
I P.P. in questo caso equivalgono a 1 km abbondante di ripida sterrata sabbiosa. Sembra ci provino gusto da queste parti a concludere le tappe con una salita di Golgotiana memoria.
Metto il turbo e brucio tutte le energie ma quando arrivo su capisco che il gioco vale la candela. C'è una vista da quassù che lascia senza parole e poi pare sarò l'unico ospite per stanotte e questo è un bene. La solitudine, quando sono in posti così, mi esalta.
È presto, neanche le 11,30. Doccia, bucato, peschenoci, ghiaccio sulla caviglia (che va molto meglio) ed ora ricca, ricchissima pennica.
A Roma mancano 127,9 km e tutto va bene. Ciao e miao.
Dai che ci sei ... Non è il fioretto la tua grande prova ma sto caldo anomalo che ti accompagna!!! Altro che "vergogna" ,insieme alla credenziale in Vaticano te daranno un posto in "paradiso"!!!!!
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