Sarzana - Querceta (Pietrasanta), 32 km.
Mi sveglio alle 5; Pitelli dorme ancora e il sole è sorto da poco e infatti i galli cantano felici. Federica (santa donna) mi aspetta sotto casa per portarmi con la macchina a Sarzana dove avevo lasciato l'altro ieri. La giornata di riposo e di mare ha carezzato i miei muscoli e anche la caviglia sta molto meglio.
Carico lo zaino e parto.
Anche Sarzana è una bella addormentata, cammino per la sua strada principale in punta di sandalo scattando qualche foto poi esco da Porta Romana e incontro Aurelia. Si si, è lei, l'amica di Emilia, si somigliano pure ma l'ora è presta e grosso traffico ancora non c'è.
Sono quasi 5 km fino alla stazione di Luni dove finalmente abbandono la Consolare per una più silenziosa e comoda stradina di campagna che scorre sinuosa fra filari di vite e ruderi romani. Il colpo d'occhio sulle Apuane oltre le quali è appena spuntato il sole è da urlo: c'è una leggera nebbiolina a mezzacosta che dona un che di magico, se mai ce ne fosse bisogno, a queste meravigliose montagne.
Meno meravigliosa è la strada che si fa per raggiungere Massa. La guida mi fa passare lungo la ferrovia attraverso la zona industriale e dei depositi di marmo. Stanno facendo dei lavori lungo la strada e il caos regna sovrano, con clacson impazziti, iperboliche nuvole di polvere e gran fragore di camion. C'è da uscire pazzi e ci sto quasi riuscendo quando la direzione muta e torna magicamente la quiete. Poco dopo incontro la ciclopedonale che mi porta fino a Massa. A metà della salita (lieve) c'è l'incontro meraviglioso con Fiji, cagnolino pellegrino, il suo padrone e un altro pellegrino, tutti e due francesi. Foto di rito poi due chiacchere mentre il cane mangia, libero finalmente dal suo zainetto.
Attraverso Massa velocemente ma passo in comune per timbrare la credenziale. Li tre persone dietro il vetro dello sportello mi guardano come fossi un alieno ma lo fanno sorridendo e alla fine penso che provino un briciolo di invidia per il senso di avventura che un viaggio come questo può dare in confronto all'usurante routine di un lavoro dietro uno sportello.
Esco da Massa, faccio un paio di km di Aurelia e poi devio verso Montignoso. Non ci arrivo perché un ponticello mi fa attraversare il torrente e mi dirige verso il Castello Aghinolfi. Il caldo ormai è esploso in tutto il suo splendore e la salita è dura, 200 metri di dislivello a tornanti. Vado a cercarmi ogni possibile ombra passando da un lato all'altro della carreggiata ma il sole mi riacchiappa subito, ogni volta. Arrivato in cima mi accascio all'ombra vicino ad una strana piattaforma di roccia con qualcosa di luccicante sopra; poggio lo zaino, bevo e vado ad osservare meglio lo strano bagliore, la sua origine. È un cerchio di metallo con una stella, la Rosa dei venti, venti assenti, in ogni direzione. Non si muove una foglia, la canicola impazza e le cicale friniscono senza sosta.
Sono loro l'animale totemico di oggi, fedeli compagne del caldo fin dai ricordi d'infanzia e noto sonnifero ipnotico universale. Mi abbioccherei volentieri ma chi si ferma è perduto.
Di nuovo in marcia, la strada spiana e poi inizia a scendere. Sono tante, fortunatamente, le fonti sotto le quali mettere il capo per trovare un pizzico di refrigerio ma quando arrivo al paesino di Strettoia (esiste, lo giuro) fermarsi al bar diventa obbligatorio e, non ci crederete mai, hanno la Moretti Zero, birra analcolica nostrana. La mischio con la lemonsoda e mi viene fuori una Radler suprema, la cosa più dissetante al mondo. Sono costretto a prenderne un'altra per finire la limonata e andrei anche avanti per le ore con questo giochetto Pulcinella Style ma a fine tappa mancano poco più di due km e ho una disperata voglia di farmi una doccia.
Rimetto i muscoli in moto, passo davanti a un monumento che testimonia l'esistenza della Linea Gotica e scendo fino al paesino di Querceta dove finalmente posso godermi il meritato riposo.
A Roma mancano 396 km. Chi la dura la vince.
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