domenica 27 settembre 2020

Castro, la perla del Salento

Il porto di Castro

Rinforzaronsi i venti; apparve il porto
Più da vicino; apparve al monte in cima
Di Pallade il delubro. Allor le vele
Calammo, e con le prore a terra demmo.
È di vèr l’Orïente un curvo seno
In guisa d’arco, a cui di corda in vece
Sta d’un lungo macigno un dorso avanti,
Ove spumoso il mar percuote e frange.
Ne’ suoi corni ha due scogli, anzi due torri,
Che con due braccia il mar dentro accogliendo, 
Lo fa porto e l’asconde; e sovra al porto
Lunge dal lito è il tempio”.

Nel terzo canto dell’Eneide, il sommo vate Virgilio racconta l’arrivo della barca di Enea e del padre Anchise sulle coste italiane. 
Castro, presidio prima messapico e poi greco, è il punto dove il guerriero fuggito con il padre sulle spalle da Troia sconfitta, poggiò i piedi in un porto sicuro, sovrastato dal tempio dedicato alla dea Minerva (Atena o Pallade per i latini). Da quel luogo, Enea ripartì per raggiungere Lanuvio e dare il via, quattro secoli dopo e attraverso i suoi discendenti, alla nascita di Roma. 
Il porto è ancora lì, chiuso e riparato dalle mareggiate, solo che ora ci si fa il bagno in acque limpide mentre le barche, non più di avventurieri e di gloriosi eroi, ma di gente comune che vive sul mare, riposano al sicuro nel nuovo porto costruito appositamente per loro.
Nel 123 a.C. l’insediamento divenne colonia romana con il nome di Castrum Minervae, in onore al tempio dedicato alla dea greca che si ergeva sulla sommità della rocca che tuttora domina la baia.
Ora Castro è un magnifico borgo diviso in due parti, quella alta, dove fanno bella mostra di sé il castello Aragonese, la cattedrale e la cinta muraria, e quella bassa, la marina, dove le case hanno scalato le pareti rocciose e dove l’acqua del mare è trasparente come se non esistesse proprio.
La storia di questo luogo inizia però ben prima dello sbarco di Enea e a testimoniarlo sono delle grotte, soprattutto la Romanelli, scoperta agli inizi del 1900. La grotta ha una grossa importanza per quel che riguarda gli studi preistorici grazie alla perfetta stratigrafia al suo interno che ha chiarito molti aspetti della presenza dell’uomo in queste terre. Qui, nei suoi trentacinque metri di lunghezza, l’uomo del paleolitico ha lasciato traccia di se con incisioni, pittogrammi e con strumenti di pietra. 
La grotta Romanelli non è visitabile e sono in corso ancora degli scavi al suo interno, ma ci si può consolare entrando nell’antro carsico della grotta Zinzulusa. Il nome deriva dal termine zinzuli, che in dialetto significa stracci; entrando nella grotta, infatti, si possono notare sulla volta le stalattiti che scendono proprio come fossero stracci bagnati.
Una volta entrati, si percorre uno stretto sentiero che prima passa accanto al Trabocchetto, un limpido laghetto di acqua dolce con infiltrazioni marine, per poi muoversi fra meravigliose conformazioni rocciose fino ad arrivare alla grande cavità nota come Il Duomo, le cui pareti s’innalzano fino a venticinque metri di altezza. Un tempo la grotta era abitata da una grossa colonia di pipistrelli e il loro guano aveva ricoperto ogni cosa con uno spesso strato. Essendo un prodotto naturale molto usato sia nella cosmetica sia nella preparazione d’inchiostri, nel 1940 si decise di grattarlo via per venderlo e così le pareti ritrovarono il loro candore naturale. Gli operai che eseguirono il lavoro lasciarono la loro firma come testimonianza dei numerosi giorni passati nell’antro, usando come vernice proprio il guano. 
La visita termina qui, anche se la grotta è più estesa e vede la presenza di un altro piccolo lago immerso nel buio. Qui cresce un piccolo gambero cieco che vive la sua vita in una condizione di purezza assoluta, lontano dalla mano spesso devastatrice dell’uomo. 
Un’ultima curiosità: nel 1968 in questa grotta, Carmelo Bene girò alcune sequenze del controverso film Nostra Signora dei Turchi.
Ci sono altre grotte da visitare lungo la costa nord di Castro: la grotta azzurra e quella Palombara. La prima prende il nome dal colore blu intenso dell’acqua, frutto di un complesso gioco di rifrazione della luce solare sul fondo sabbioso, la seconda dai piccioni (palombi) che la abitano da sempre insieme con alcune rondini agilissime.

L'ingresso della grotta Zinzulusa

L'interno della grotta Zinzulusa

La grotta azzurra

Le ho visitate nel miglior modo possibile, entrandoci lentamente con una barca, una sorta di cerimoniale amoroso che prevede un lungo corteggiamento. La barca in questione era la stessa che mi ha portato molto presto a osservare gli impianti di mitilicoltura al largo della costa. 
Mondo Mare Vivo è l’azienda leader nell’allevamento della cozza castrense, oltre vent’anni di esperienza e tanta passione per questo delizioso frutto del mare. 
Il pelo dell’acqua è costellato di galleggianti neri disposti in lunghe file; sotto di loro, sulle funi tenute in tiro da un peso, i preziosi bivalvi crescono e si sviluppano fino al momento della “pesca”. È un allevamento, quello delle cozze, che dura tutto l’anno, anche se in primavera e in autunno, periodo di riproduzione, la polpa in ogni singola conchiglia è sicuramente minore.
Assaggiare una cozza cruda alle otto di mattina è stata un’esperienza unica e priva di rischi; il mitile, infatti, è un rivelatore della qualità dell’ambiente e se il prodotto è buono e viene su bene, vuol dire che il mare in cui cresce è pulito. Del resto, sulla terrazza panoramica di piazza Perotti, cuore pulsante di Castro alta, sventola la Bandiera blu della FEE (Foundation for Environmental Education), riconoscimento conferito solo alle località costiere europee che soddisfano determinati criteri di qualità. 

L'impianto di mitilicoltura al largo di Castro

Assaggiare una cozza cruda alle 8 di mattina

Piazza Perotti vista dal Castello Aragonese

Sulla piazza, dedicata al famoso poeta del ’900 che qui trovò il suo buen retiro, si affaccia il Castello aragonese, la cui forma più antica risale al XII o XIII secolo; costruito sopra la vecchia rocca bizantina, è stato più volte rimaneggiato e fortificato insieme alla cinta muraria per via delle frequenti incursioni turche. 
Il castello ospita il MAR, Museo Archeologico di Castro, ricco di reperti e ben organizzato, il cui pezzo più pregiato è sicuramente il busto della statua della dea Minerva trovato nel 2015 durante gli scavi archeologici effettuati in località Capanne, lungo la cinta muraria. È stato proprio il suo ritrovamento a confermare ciò che Virgilio racconta nell’Eneide: Enea toccò terra a Castro prima di ripartire per continuare il suo viaggio. Gli scavi archeologici, complessi in virtù della stratificazione della città, sono stati finanziati con fondi europei e, in seguito, con donazioni di privati cittadini castrensi e sono ancora in corso d’opera; hanno permesso, oltre a scoprire la statua della Minerva, di fare luce sull’originale struttura del paese, a partire dalle mura ciclopiche edificate dai messapi, i cui grossi conci si incastravano fra loro in maniera alternata in modo da garantire maggiore robustezza e stabilità. 
Alcune di queste grosse pietre, furono usate per la costruzione della basilica bizantina, datata IX o X secolo e edificata su un precedente impianto paleocristiano. L’antico ingresso, ora su un lato della chiesa  dell'Annunziata, è impreziosito da alcuni antichi affreschi fra cui uno di una Madonna col bambino. 
È un ritratto molto particolare perché il bambino ha in realtà un viso molto più maturo e quasi corrucciato. Sembrerebbe uno scherzo, o la svista della mano inesperta di qualche pittore, e invece ci troviamo di fronte a una visione diametralmente opposta dell’iconografia legata a Gesù bambino che conosciamo, quella rinascimentale. Nel medioevo il cristo bambino doveva rappresentare un uomo già fatto, e quindi su un corpo comunque piccolo, appariva il volto di un adulto, spesso con rughe e stempiature.
La Chiesa dell'Annunziata, con le sue sfaccettature e le sue ripetute ricostruzioni, rappresenta essa stessa il passaggio dal mondo antico e di matrice greca a quello rinascimentale e quindi all’era moderna.  

Il busto della Minerva nel museo Archeologico


L'affresco sul vecchio ingresso della basilica Bizantina

All’area archeologica si arriva seguendo il bel percorso che segue le mura partendo proprio da Piazza Perotti; una breve discesa permette di aggirare il primo bastione dalle cui pietre escono, accese di un brillante color indaco, le Campanule Versicolor note anche come Campanule pugliesi; si tratta di una pianta perenne che cresce e vive in zone rupestri ed è molto diffusa qui in terra di Leuca, anche se per crescere ha bisogno di ben determinate condizioni climatiche. I suoi fiori, nelle giornate calde, emanano un profumo simile a quello dei chiodi di garofano.
Il giro delle mura, oltre ad offrire bellissimi scorci sulla parte fortificata di Castro, spiega il perché la perla del Salento sia definita anche la città dei sentieri. Molti sono, infatti, i vecchi percorsi usati, un tempo, da pescatori e mercanti per raggiungere il mare dalla rocca. Uno fra tutti è il sentiero Palombara che porta ad affacciarsi sulla scogliera sovrastante la grotta omonima. Sul lato opposto dell’insenatura, quasi a picco sul mare, è ben visibile un’èrgate, una specie di pajara o di trullo. Questo piccolo riparo non era abitato dai pescatori ma serviva principalmente come deposito per gli attrezzi da pesca. Vi chiederete come si faccia a pescare da un’alta scogliera; domanda legittima che trova risposta nella creatività della gente locale. I pescatori erano soliti tendere delle lunghissime reti da un lato all’altro dell’insenatura e calarle in mare in modo che i pesci potessero rimanerci intrappolati quando venivano risollevate, una sorta di prototipo delle bilance da pesca.

Campanule Versicolor sulle mura di Castro


Il sentiero Palombara lungo le mura di Castro

Un torrione della cinta muraria di Castro

Castro però non è solo grotte, archeologia e chiese, è anche accoglienza e buon cibo. Nei quattro giorni che sono stato ospite di questo meraviglioso borgo, ho avuto modo di godere dell’ospitalità locale e di mangiare (e bere) in maniera sublime.
Credo sia doveroso parlare di chi mi ha coccolato da questo punto di vista per cui partiamo con le Delizie in Contea, dove ho cenato la prima sera. È molto di più di un’enoteca, è molto di più di un negozio di specialità locali, è un luogo dove si possono gustare tutti i sapori del Salento riuniti in un aperitivo ricco e variegato: puccia farcita in vari modi, formaggi e affettati a chilometro zero, olive e pomodori secchi, focaccia e, ad accompagnare il tutto, la magia dei vini salentini. Si trova a Piazza Vittoria, di fianco alla cattedrale e sulla stessa piazza c’è anche la Pesceria, dove, ovviamente è il pesce a farla da padrone: frittura, tranci di tonno, gamberi al vapore, ottimi crudi e, ovviamente, le cozze, in ogni declinazione.
La friggitoria è una vera tradizione qui a Castro e molti sono i locali che effettuano questo tipo di servizio, soprattutto alla Marina. L’Isola del Sole è una di queste e nonostante l’ambiente possa sembrare caotico, con la voce che, squillante, chiama i numeri delle ordinazioni pronte per essere ritirate, il cibo è veramente notevole, sia per varietà sia per qualità. 
Più classico è invece La Grotta del Conte, ristorante specializzato in banchetti per matrimoni e con un menù di alta qualità. Gode di una vista invidiabile sul porto e sul mare.
Chiudiamo con il Tuna Lounge Restaurant, dove ho cenato l’ultima sera. Qui la cura dei particolari e la presentazione dei saporitissimi piatti è il valore aggiunto.
Oltre agli sfiziosi antipasti ho avuto modo di assaggiare un’eccellente carbonara di tonno che si sposava egregiamente con un salice salentino rosato.

Carbonara di tonno

L’accoglienza qui in Salento è un’arte ma anche una consuetudine ed è per questo che voglio lasciarvi con un piccolo aneddoto. Era pomeriggio e stavo tornando al B&B Il Giardino dove alloggiavo per fare una doccia quando, sulla strada, ho visto una coppia di anziani seduti su delle sedie di vimini: lei puliva il pesce, lui l’origano. È bastato guardarli un attimo e salutarli garbatamente per ritrovarmi in casa loro, ospite, a gustare fichi d’india appena sbucciati, a non poter rifiutare un gelato al pistacchio, a chiacchierare di tutto con quell’intimità che solo con le persone schiette si crea, a non voler più andare via.
Il Salento è questo, è ospitalità, è generosità, e un luogo dove le porte, qualunque esse siano, sono sempre aperte.

Ospitalità Salentina

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