martedì 3 novembre 2020

Fra Cimbri e Cervi: l’altopiano del Cansiglio


È difficile che io trovi un luogo dove mi senta in armonia con tutto ciò che mi circonda, un posto dove possa lasciarmi sopraffare liberamente da emozioni pure; se poi parliamo di natura, le mie esigenze diventano ancora più difficili da soddisfare. Non ci posso fare niente, sono fatto così: non sono di bocca buona, punto. Eppure.

L'aspetto carsico dell'altopiano del Cansiglio

Il Cansiglio è un vasto altopiano che si trova nelle Prealpi bellunesi, un’enorme spianata verde circondata da un anello di folta foresta, composta principalmente da faggi ma dove trovano habitat anche alcune aghifoglie, soprattutto l’abete rosso. Il terreno è carsico ed è costellato di doline e inghiottitoi, alcuni profondi oltre 700 metri, altri meno. Il più famoso è sicuramente il Bus de la Lum (cioè il buco della luce) un unico pozzo a strapiombo che è legato, nel folklore locale, alle Anguane, streghe malvage e dall’aspetto terribile che rapivano, per cibarsene, i bambini che si erano persi nella foresta. 

La sensazione di trovarsi in un posto magico si ha fin da quando, venendo su dal paese di Tambre e lasciatosi alle spalle Pian Osteria, uno dei nove villaggi Cimbri della zona, si esce dalla faggeta e la strada spiana nell’enorme spazio aperto e libero, una sorta di prateria, dove pochissime costruzioni interrompono lo stendersi armonico di madre natura.


L'ingresso al Cansiglio salendo da Tambre


Il Cansiglio è zona demaniale e lo è dai tempi del Regno d’Italia pur essendo stata per lunghissimo tempo una zona controllata dalla Serenissima; Venezia, infatti, usava il legno dei faggi per produrre i remi per le barche che si costruivano all’Arsenale e per sorvegliare la faggeta e controllare che i tagli degli alberi fossero eseguiti secondo un ordine ben preciso, in base alla posizione e all’età di ogni singola pianta, istituì la figura del Capitano Forestale. Non è raro, girando per la zona, imbattersi in alcune pietre che riportano sulla loro superfice, delle date dipinte; erano i demarcatori dei confini della foresta ai tempi del dominio veneziano.


Il Bar Bianco e una pietra demarcatrice della foresta

Le uniche attività che si svolgono nell’altipiano sono legate alla pastorizia, alla produzione alimentare, alla ristorazione e al golf. Ebbene si, nel locale Golf Club 18 buche attendono gli appassionati di mazze e palline bianche insieme a un ristorante dove mangiare è una vera esperienza, come lo è visitare il Centro Caseario Spert. Qui, le mucche sono allevate in maniera biologica e producono un latte sano e gustoso da cui si ricava una vasta gamma di prodotti: formaggi di ogni tipo, freschi, mezzani e stagionati e uno yogurt cremoso che è una vera delizia, soprattutto per chi, come me, lo consuma a colazione. Il Bar Bianco è un luogo dove poter degustare tali prelibatezze con autentiche verticali di formaggi in ordine di stagionatura, che possono essere acquistati qui o anche allo spaccio dell’agriturismo che si trova a Tambre, i cui corridoi sono invasi dall’odore del latte fresco, la colazione è a km 0 e dove ho avuto il piacere di dormire due notti.

Il fatto che il demanio sia proprietario unico di ogni cosa in Cansiglio, fa si che le attività abbiano una durata di trent’anni e che poi vengano riassegnate in base a bandi specifici; questo assicura che l’integrità del posto venga preservata.


Le mucche del Centro Caseario


Gli unici a non essere soggetti a questa legge sono i villaggi Cimbri.

Quella del popolo Cimbro è una storia affascinante; di origine celtica o germanica, si spinsero oltre le alpi scendendo dalla zona dell’odierna Danimarca e si sistemarono in epoca medievale nelle zone montuose del Veneto fra Vicenza, Verona e Treviso e più tardi anche nella zona del Cansiglio. Le testimonianze della loro presenza dal 1700 a oggi sono tutte raccolte nel piccolo Museo regionale dell'Uomo in Cansiglio "Anna Vieceli" e Centro etnografico e di cultura cimbra, di proprietà di Veneto Agricoltura.

Qui si narra della loro abilità nell’arte della falegnameria e soprattutto nella fabbricazione degli scatoi, contenitori circolari per la conservazione del formaggio, che permise loro di accasarsi in queste terre dove pochi volevano vivere e di costruire dei veri e propri villaggi, piccoli e spartani, di cui rimane ancora traccia. In questa zona ce ne sono nove, alcuni ben conservati e ancora abitati in alcuni periodi dell’anno, altri in stato di abbandono.

Uno dei più affascinanti e meglio conservati è sicuramente quello di Vallorch, la valle dell’orco, datato 1798; situato all’interno della faggeta, vi si accede percorrendo poche centinaia di metri di una bella strada forestale. 


Il villaggio cimbro di Vallorch

Nella faggeta


Giorgio, la mia super guida di Prealpi Cansiglio Hiking che mi ha portato in giro per quattro giorni, mentre ci avvicinavamo al villaggio mi ha spiegato l’ecosistema di quest’ambiente, mi ha mostrato alcune delle specie che vivono nell’ombroso sottobosco come il marasmium agliacium, un piccolo fungo che sa di aglio, e il suo parente Craterellus cornucopioides, meglio noto come trombetta da morto, un fungo che con il suo pigmento è in grado di colorare di nero la pasta. Ho addirittura assaggiato la faggiola, il seme del faggio che, chiuso in un piccolo guscio, è commestibile come fosse una piccola mandorla. 

L’incontro più bello, però, è stato quello con una giovane cerva, un esemplare non più vecchio di cinque mesi; era lì che brucava l’erba fra un paio delle casette in legno del villaggio e anche quando mi ha visto non è sembrata spaventata, forse solo incuriosita da un omone grande e grosso come me che la inquadrava con una buffa scatola. Si è limitata a trotterellare via quando la distanza che ci divideva si è fatta più sottile, e l’ha fatto con grande eleganza, degna di una mannequin in passerella.


L'incontro con la giovane cerva


I cervi, soprattutto nel periodo degli amori che va da metà settembre a metà ottobre, sono una delle attrazioni principali del Cansiglio. Nella faggeta trovano un habitat naturale numerosi esemplari che vivono serenamente tutto l’anno, isolati dalle femmine e ben nascosti nel folto della foresta, ma in questo periodo, frastornati dagli ormoni e resi meno sospettosi dall’iter del corteggiamento e della riproduzione, si mostrano nel fondo dell’altopiano, soprattutto all’alba e al tramonto.

La loro presenza è annunciata dal bramito, il caratteristico verso gutturale emesso come richiamo d’amore. Spesso basta essere più potenti da questo punto di vista per sconfiggere un rivale e conquistare un branco di femmine, altre volte è necessario lo scontro fisico; i duelli si svolgono a testate, con i grandi palchi ossei che ogni esemplare sfoggia incastrati l’uno con l’altro e la spinta tenace delle zampe e di tutto il corpo. Chi ne uscirà vincitore avrà a disposizione un intero branco e dovrà garantire la riproduzione della specie, ma non sarà una cosa facile: il maschio dovrà ingravidare tutte le femmine del branco ma loro non si concederanno proprio con facilità, vorranno essere in qualche modo corteggiate. 

La gestazione, ad accoppiamento avvenuto, è alquanto bizzarra: la futura mamma cerva, sviluppa l’embrione ma lo “congela” per tre mesi in modo che il piccolo nasca fra giugno e luglio, quando il clima sarà più mite e il cibo a disposizione più abbondante.

Ora, posso assicurarvi che vedere, seppur con un cannocchiale, un cervo circondato dal suo branco alzare il muso al cielo e lanciare il suo potente verso, vale da solo una visita a questo luogo fantastico; se poi, com’è successo a me, ci sarà una leggera nebbia a rendere il tutto più magico, ne sarà valsa doppiamente la pena.


Il cervo maschio e il suo branco nella nebbia


Cenare in Cansiglio all’Azienda agricola Filippon è un po’ come continuare a vivere quest’esperienza perché, una volta terminato il pasto, vi affaccerete sull’enorme buio dell’altipiano e vi sentirete circondati dai richiami d’amore di questi splendidi animali e vi sentirete anche voi un po' più, diciamo così, romantici.

Se non volete rimanere in alto potete scegliere di tornare verso Tambre e fermarvi a Pian Osteria dove, altre al Museo sui Cimbri, ci sono due accoglienti ristoranti, La Huta che nella lingua cimbra vuol dire “rifugio” e la Locanda al capriolo dove potrete assaggiare specialità locali come i casunzei, ravioli tipici, con il tarassaco e il formaggio, il pastin, una sorta di salame morbido fatto con carne di manzo e maiale che si cucina in vari modi e si sposa perfettamente con la polenta, e poi tutto un tripudio di carne di capriolo o di cervo. Inevitabile a fine pasto, un goccio di grappa al cumino.  

 

Casunzei con il tarassaco e pastin

Il Cansiglio però non è solo cervi e Cimbri e la zona, se avrete la voglia di girare, ha molto altro da offrire, a partire dai tanti sentieri con cui gli amanti del trekking possono attraversare i boschi e salire verso le cime che circondano l’altopiano ma l’offerta è ampia anche per gli amanti delle due ruote.

Io, che amo la bici ma che dopo dieci metri di salita ho sempre alzato bandiera bianca, ho scoperto la bellezza della E-Bike grazie alla B-Ride Belluno che mi ha messo a disposizione una bicicletta con pedalata assistita e l’esperienza (e la simpatia) di una guida esperta, Ennio. È stato grazie a questa bici che ho potuto visitare la Casa Museo dell’Alchimista a Valdenogher, a pochi chilometri da Tambre. La storia è quella di un nobile egiziano, alchimista e per questo condannato a morte in patria, fuggito e approdato a Venezia. All’epoca la Serenissima era una città molto aperta e accolse lo studioso fornendogli una casa in Alpago per continuare i suoi studi. 

La casa, che con la sua facciata ricorda più una casa veneziana che una locale, doveva avere una facciata arricchita da decorazioni a bassorilievo su pietra di cui ormai rimane ben poco e all’interno ospita oggetti tipici delle pratiche alchemiche, come ampolle e alambicchi.  

I tre piani dell’edificio rappresentano simbolicamente le tre fasi dell’opera alchemica, il Nigredo, l’Albedo e il Rubedo, che servono per ottenere la Pietra filosofale. 


La Casa Museo dell'Alchimista



La casa del libro

Potrete rimanere stupiti di trovare un luogo come questo in un piccolo paese di montagna, ma vi stupirà ancora di più trovare, qualche chilometro più in là, una casa con un libro per tetto. È un’abitazione costruita interamente in legno dal famoso scultore veneziano Livio De Marchi le cui pareti sembrano composte da volumi impilati, la staccionata è formata da grosse matite colorate e il cancello è un paio di occhiali rossi.

La staccionata di matite


Abbracciando Nonno albero


Poco distante c’è il faggio di Sant’Anna, vecchio più di 400 anni. È enorme, un po’ malandato ma ancora fermo sulle sue radici e io non mi sono lasciato scappare l’occasione di abbracciare nonno albero, una pratica cui sono dedito da anni e che mi regala sempre grandi emozioni.

Il vecchio faggio ha il gravoso compito di fare da sentinella all’ingresso della foresta del Cansiglio: da qui, infatti, parte una strada che s’insinua nella fitta stretta degli alberi. La mia E-Bike ha volato nel silenzio del bosco, pedalare è stato bellissimo e il paesaggio che ho attraversato è sensazionale. Certo, ci sono anche i segni del passaggio della Tempesta Vaia che il 29 ottobre del 2018 ha abbattuto milioni di alberi nel triveneto e causato otto morti ma, fortunatamente la zona del Cansiglio è stata sfiorata appena dalla forza del vento e i danni sono stati relativamente limitati. 

Anche il Giardino botanico alpino è stato risparmiato dalla furia dei venti ed è un bene perché in questo luogo si “coltivano” tutte le specie endemiche dell’atipiano e delle montagne circostanti, a partire dal Geranio argentato che, a differenza del nome, ha dei petali di un bel rosa pastello screziati di viola ed è il simbolo del Giardino.

Gestito da Veneto Agricoltura e collegato all’Orto botanico di Padova, organizza durante il periodo estivo, tantissime attività per bambini e adulti, alcune legate al mondo officinale; la funzione più importante, infatti, oltre alla conservazione delle specie, è quella didattica. Qui si insegna la preziosità e l’importanza di ogni singola pianta in un piano biologico più ampio e la necessità di salvare quelle che, spesso per l’intervento dell’uomo tendono a scomparire.

Qui, oltre all’ampia gamma di piante, si potranno osservare alcuni fenomeni carsici come il Bus del Giaz, un inghiottitoio che anticamente veniva usato come ghiacciaia e la cui apertura veniva coperta con numerose frasche per proteggere il prezioso ghiaccio dalla pericolosissima pioggia.


Il Giardino botanico alpino

Il geranio argentato


Questa è stata l’ultima scintilla di una due giorni intensa e ricca di appuntamenti in un luogo affascinante che non mancherà di stupire con tutte le sue proposte il viaggiatore. 

Personalmente ho deciso che quando il grande cervo uscirà nuovamente dal bosco per urlare al mondo intero il suo desiderio, io asseconderò il mio e tornerò a solcare la grande pianura del Cansiglio per vivere nuovamente le stesse emozioni. 




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