venerdì 20 dicembre 2019

Primo giorno dell'Educationa tour "Il fuoco d'Europa. Santa Lucia e la tradizione Salentina"


La mia stanza è a ponente, o almeno così dice la piccola piastrella accanto alla porta che affaccia nel silenzioso cortile del Bed & Breakfast Rosa dei Venti a Tricase; ci sono dei tavolini colorati e un bel pergolato che per l’estate promette un’ombra quanto mai gradita. Sono appena arrivato, il buio ha già avvolto le stradine del borgo che però è illuminato da una serie infinita di luci colorate, segno inconfondibile che il Natale è alle porte. C’è giusto un’ora per riprendersi dal volo; disteso su un letto a baldacchino e con la pietra leccese che gioca sul soffitto nella classica volta a stella, mi riposo rileggendo il programma dei tre giorni a venire. È la quarta volta che scendo in Salento per un Educational tour e ogni volta è stata un’esperienza unica, vissuta in stagioni diverse e con tematiche che spaziavano dal cammino all’enogastronomia, dai riti devozionali per celebrare qualche Santo alle tematiche del turismo slow. 
Quello che andremo a iniziare domani ha come titolo “Il fuoco d’Europa, Santa Lucia nella tradizione salentina” e a ospitarci sarà il Comune di Tiggiano.
Prima di andare a cena abbiamo tempo per gustare un paio di aperitivi alla Farmacia Balboa, un cocktail bar da intenditori che si affaccia proprio su Piazza Pisanelli, il cuore storico del borgo di Tricase. Nel 2014 la vecchia farmacia è stata rilevata da un gruppo di amici che hanno deciso di tralasciare i dolori del corpo per dedicarsi a curare quelli dell’anima e di farlo con una serie di cocktails selezionatissimi e di vini prestigiosi. I ragazzi che ci lavorano indossano tutti il camice bianco e la selezione musicale è sempre interessante e con le luci soffuse e gli specchi alle pareti crea un’atmosfera unica.
La cena è al Bavaria e Gallone Extra Pub, dove servono ottime birre e ricchi piatti a base di carne. L’attesa è stata un po’ lunga ma la bontà del cibo l’ha ripagata in pieno.

Luminarie nel frutteto del Palazzo Baronale di Tiggiano
 
Il balcone del Palazzo Baronale a Tiggiano

Dopo una notte passata nel silenzio della mia alcova e una colazione a base di pasticciotto, yogurt a km 0 de La Lattoria e una spremuta d’arancia, sono pronto per incontrare gli altri giornalisti e blogger e iniziare questa nuova avventura. 
L’appuntamento è al Palazzo baronale Serafini Sauli, sede del comune di Tiggiano. Risalente al XVII secolo ha una bella facciata con un balcone ricco di fregi e nasconde al suo interno un bellissimo frutteto e una lecceta dove sono state allestite delle luminarie. C’è anche una torre colombaia che veniva usata nel tardo medioevo per l’approvvigionamento di carne.
Una scalinata porta al piano superiore, dove la pavimentazione sgargiante realizzata in mattonelle di Vietri sul mare conduce nel cuore del municipio e all’ufficio del sindaco. È proprio lui a farci da guida attraverso le sale dove, fra le altre cose, dal 2017 è stato allestito un piccolo museo etnografico; telai, attrezzi agricoli, un letto e anche una curiosa trappola per topi in legno fanno bella mostra di se in ampie stanze dai soffitti affrescati.
Dalla terrazza che sovrasta il palazzo, la vista spazia a 360° sul paese e la campagna circostante; è questa la parte più antica di tutta la struttura, la sommità di una torre difensiva preesistente attorno alla quale si è sviluppato l’edificio. Il tempo non è proprio bellissimo e grosse nuvole grigie riempiono il cielo, ma quando scendo e mi inoltro da solo per il giardino, alcuni raggi di sole spaccano la coltre mostrando l’azzurro del cielo e illuminando le lucine colorate sospese sul viale principale. 

La chiesa di S. Ippazio a Tiggiano

La statua di S. ippazio

La seconda visita di questo bel borgo ci porta alla chiesa dedicata al Santo patrono di Tiggiano: S. Ippazio.
È ritenuto protettore della virilità maschile e dell’apparato genitale; il 19 gennaio, quando si celebrano i festeggiamenti in suo onore, oltre alla canonica processione pomeridiana, nella piazza di fronte alla chiesa si svolge un rituale antico che mischia, come spesso accade, sacro e profano. Gli uomini in età da matrimonio devono percorrere duecento metri trasportando lo stannardhu, un palo di legno lungo sette metri con una palla di ghisa a un’estremità. Non è una prova facile, e riuscire a portarlo fin davanti alla chiesa e ad alzarlo in verticale sarà, per i giovani impegnati in questa impresa, segno di garantita fertilità.
Al culto del santo è collegata anche una particolare varietà di carota: la pastenaca. Si tratta di una carota dal colore giallo viola che si coltiva solo qui e in pochi comuni limitrofi; è più acquosa della sua parente più classica ed ha un sapore delicato. Mi era già capitato di assaggiarla lo scorso anno per la festa di San Biagio a Specchia dove, nel tradizionale mercato, faceva bella mostra di se su quasi tutti i banchi.
La chiesa ha una facciata semplice, arricchita da un bel portale barocco in pietra leccese; risale al XVIII secolo e fu costruita su una cappella probabilmente di proprietà della famiglia Arcella. La sua pianta è a croce latina e all’interno, fra le molte immagini sacre, si trovano un dipinto e una statua lignea raffiguranti il Santo.

Rocchetti di filo alla Tessitura Calabrese
Lavoratrici alla Tessitura Calabrese

Lasciamo il centro storico per andare a visitare una delle più importanti attività artigiane della zona, l’antica Tessitura Calabrese.
Si tratta di un’azienda che produce tessuti da oltre quarant’anni e che è una vera e propria ricchezza per la comunità tiggianese, perché dà da lavorare a cinquanta operai, principalmente donne.
Passiamo per il negozio, dove sono esposti molti dei prodotti che l’azienda produce, dalle lenzuola agli asciugamani con le iniziali ricamate, dai servizi di tovaglie e tovaglioli per la tavola agli accessori per la casa e ai corredi per bambini. Molte sono le collezioni che caratterizzano il lavoro della Tessitura Calabrese e molta è la fantasia che la famiglia Bleve mette nell’offrire una vasta gamma di piccoli oggetti di arredo fra cui dei bellissimi fermaporte a forma di animali.
La vera sorpresa però ci aspetta nel grande padiglione sul retro, dove i telai meccanici lavorano a grande velocità (facendo anche un gran baccano) creando tessuti di vario tipo e di vari materiali. Qui si usano lino e cotone, spesso anche insieme, ma anche ciniglia e fiandre. I disegni e i temi dei tessuti sono creati attraverso l’utilizzo di un software, un lavoro sicuramente più veloce rispetto al passato in cui si usavano matrici di cartone per ottenere il decoro desiderato. Eppure, nonostante l’evoluzione tecnologica, ciò che contraddistingue i prodotti di quest’azienda è la giusta commistione fra antico e moderno; non si lascia indietro nulla del percorso fatto in passato, come ci spiega il patron dell’azienda Francesco Bleve, perché la tradizione è una cosa importante, è memoria, è storia, è vita, o almeno quella della loro famiglia.
La visita procede come un rewind, dalla lavorazione finale si ripercorrono la crescita e la nascita del filo; nelle sale si susseguono macchinari affascinanti che ospitano grossi rocchetti che girano, più o meno velocemente sotto lo sguardo vigile di uno dei pochi uomini presenti nell’azienda. È lui a spiegarmi lo scopo di ogni singolo strumento di lavoro, mostrandomi i procedimenti che portano un singolo filo a diventare un enorme rocchetto che andrà poi ad alimentare i telai meccanici. 
Tornando indietro abbiamo il piacere di osservare le operaie intente a cucire, a tagliare, a piegare, insomma a fare tutto ciò che serve per ottenere il prodotto finito. Alcune stanno finendo di lavorare ad alcuni porta gioie per una famosa gioielleria di Milano, ma la Tessitura Calabrese si spinge ben oltre i confini nazionali e ha clienti in tutto il mondo. È con particolare orgoglio che Francesco ci racconta le numerose visite della Regina del Belgio, segno inequivocabile che qui si lavora bene.

Lo studio del pittore Giuseppe Alessi

La tavola apparecchiata al Celacanto

Prima di andare a pranzo c’è ancora il tempo per un’altra visita e raggiungiamo con il pulmino lo studio del pittore Giuseppe Alessio. Ci accoglie con una decina di gatti a fare da codazzo e una splendida cagnolina che con loro vive in perfetta armonia. 
La grande stanza dove ci fa accomodare ha le pareti piene delle sue opere, divise per periodi. La sua è una pittura che affronta varie tematiche con tecniche miste; in molti dei suoi quadri ci sono simboli forti che richiamano la fede religiosa, i malesseri e le ingiustizie del nostro tempo. A colpirmi in particolare è la raccolta Mediterraneo che affronta da più angolature il tema della migrazione, dell’accoglienza e, più in generale, dell’altro. 
Dopo averci regalato un vassoio di dolcetti salentini, Giuseppe ci congeda e così possiamo raggiungere la costa a Marina Serra, dove siamo ospiti del Celacanto. Non è un ristorante ma una fucina creativa d’iniziative multidisciplinari, un laboratorio civico permanente. Ricavato dalla ristrutturazione di un’ex casa cantoniera dell’ANAS, ospita nella sua grande sala incontri culturali, laboratori sul riciclo, corsi di yoga e tantissime altre iniziative che hanno come scopo la tessitura di una rete sociale che abbia come obiettivo il bene comune.
La casa ha due stanze per l’accoglienza di viandanti e cicloturisti e può contare su dieci posti letto; due bagni e una cucina completano la struttura insieme a un giardino che purtroppo è stato colpito dal tornado che qualche mese fa ha flagellato l’intera zona causando danni anche alle belle vetrate.
È un’accoglienza semplice ma proprio per questo ricca e le ottime orecchiette con le cime di rapa che abbiamo mangiato, accompagnate da un vino rosato locale, ne sono la testimonianza.

La Torre Palane a Marina Serra

Uno dei motorini elettrici di Scooting Salento

Dopo il pranzo, il gruppo si è diviso per un po’, e mentre io e altri tre colleghi siamo scesi a piedi raggiungendo il mare e la meravigliosa piscina naturale di Marina Serra, gli altri sono andati a recuperare tre dei motorini elettrici del progetto Scooting Salento, una bella idea dei Pugliesi Innovativi Regione Puglia.
L’idea è di mettere a disposizione dieci scooter biposto eco-sostenibili per percorrere alcuni itinerari, ne sono stati studiati dieci, e di garantire la fruizione di zone rurali e paesaggistiche del Salento meridionale ad oggi difficilmente accessibili. Chi decidesse di approfittare di quest’offerta (tutti gli itinerari partono dal centro informazioni turistiche di Tricase) avrà a disposizione oltre ai mezzi, la professionalità di guide turistiche esperte che sapranno raccontare le bellezze del territorio e rendere così l’esperienza ricca ed entusiasmante. Inutile dire che alla fine tutti abbiamo fatto almeno un giro su questi bi-ruote arancioni silenziosissimi, anch’io che, da sempre patente esente per scelta, non avevo mai guidato un motorino. 
Sotto lo sguardo austero della Torre Palane, una delle tante fortificazioni che servivano a difendere la costa salentina dalle incursioni turche, abbiamo scorrazzato allegramente per una mezzora lungo la litoranea, in questo periodo dell’anno povera di macchine.
È stata anche l’occasione per ammirare la bellezza disarmante delle scogliere e della piscina naturale ricavata dall'unione di cave di tufo abbandonate e di grotte marine. L’estate, molti turisti e abitanti della zona vengono a fare il bagno in questo luogo meraviglioso, fatto di acque cristalline e rocce scolpite dalle mareggiate invernali, un autentico paradiso in terra ma io sono particolarmente sensibile al fascino del mare d’inverno e passeggiare sugli scogli è stato forse il momento più bello di questa prima giornata.

L'atelier Leonardo Nuccio

L'armadio dei cappotti

Dopo una breve visita alla sede di Mondoradio Tuttifrutti, una seguitissima emittente locale e una chiacchierata con il direttore, ci siamo spostati all’Atelier Leonardo Nuccio.
Qui i vestiti sono fatti rigorosamente su misura, con prodotti nella maggior parte locali. Lo showroom offre abiti da uomo e da donna che spaziano dai completi per matrimoni fino a indumenti più informali, ma tutti caratterizzati da uno stile impeccabile. In esposizione ci sono anche molti accessori come cappelli e sciarpe che rendono l’Atelier una vera e propria oasi del buon gusto nel marasma dell’abbigliamento preconfezionato e omologato. All’intero, a occuparsi con grande professionalità dei clienti, ci sono i componenti della famiglia Nuccio; sono stati loro a mostrarmi un cappotto molto particolare, un autentico capolavoro di impermeabilità ed eleganza.

Fave e cicoria rivisitata
Totanini su purea di patate


La giornata volge al termine e dopo un breve e meritato riposo al B&B e un salto a farsi curare il cuore sommerso di emozioni dal barman della Farmacia Balboa (il loro Negroni con il mescal al posto del gin è da urlo), siamo andati a cena da Cozze e Gin, lo splendido bistrot di Ippazio Turco, un tempio della cucina salentina, dove le ricette tradizionali sono rivisitate con sobrietà ed eleganza e la carta dei vini sarebbe in grado di sedurre anche un astemio. 
È la seconda volta che ci torno e perdersi nell’abbraccio di questo chef simpatico e pieno di creatività è il miglior aperitivo al mondo.
Il menù che ci ha proposto, ricco ma con porzioni in grado di non affaticare i commensali, è stato una piacevole conferma; un piccolo panzerotto, una puccia al capocollo e una tartina croccante con del pollo e una crema di cime di rapa sono stati i tre antipasti che hanno dato il via alle danze nel migliore dei modi.
La ricciola su triplice variazione di finocchio (lesso, crudo e in crema), hanno deliziato i palati di tutti i presenti, esattamente come la rivisitazione di un classico della cucina salentina, fave e cicoria, qui accompagnato da quattro fili di creme coloratissime ricavate da vari vegetali.
Il polpo, forse il piatto per cui Ippazio è più famoso, purtroppo non c’era, ma il suo posto è stato brillantemente preso da una fila di piccoli totani adagiati su una purea di patate paradisiaca.
Il tocco finale, la dolcezza con cui chiudere degnamente una cena e una giornata, è stato un tortino di pasta di mandorle su una base di crema inglese e una lacrima di composta di fragole.
Inutile dire che è stata un’esperienza unica e che mi sono ritirato nella mia stanza con un sorriso indelebile e stampato in faccia. 

Ippazio Turco ed io

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