La giornata inizia presto, molto presto, perché il sole e il caldo sono un dato di fatto e lo è anche il Sentiero delle Cipolliane, il primo appuntamento della giornata. In realtà iniziamo con un passaggio sul sentiero del Ciolo che, dopo essere sceso alle basi di un ponte sfiora acque cristalline e verdi dove qualche bagnante già rinfresca le calde membra. Non è per noi, ahimè; il nostro destino è risalire il canyon sotto un sole assassino, ma la bellezza del paesaggio è il miglior antidoto sul mercato. Ne facciamo il pieno e raggiungiamo la sommità dove una bella pajara fa mostra di sé, poi riscendiamo su strada e, dopo una pausa ristoro in un baretto, ci infiliamo nel sentiero che porta alle grotte, le cipolliane.
Sono insediamenti antichissimi, dove sono stati ritrovati manufatti umani, sacri e non, risalenti a un tempo molto antico, ma non è tutto: secoli e secoli fa, quando il mare era più basso e oltre gli scogli c'era la sabbia, qui ci vivevano i pinguini. Ora, chi mi conosce sa della mia insana passione per questi buffi pennuti, per cui potete immaginare il brivido che, a dispetto della calura, mi attraversa la schiena.
Ma andiamo con ordine. Per arrivare alle grotte ci sono da fare tre chilometri meravigliosi, con il mare sempre a destra, mentre i muretti a secco delimitano il sentiero sulla sinistra. Lungo la via troviamo pajare, piante officinali, fichi d'india rigogliosi di fiori e alghe fossili di un verde opaco.
Quando arriviamo alla terza e ultima grotta l'ombra ci avvolge con il suo velo di freschezza e la sosta diventa inevitabile.
Da lì a risalire su strada ci vuole poco: il santuario di Santa Maria di Leuca ci attende ed io non vedo l'ora di raggiungere Finibus Terrae. Il sole bacia la piazza come un amante focoso e gli archi del colonnato creano giochi d'ombra nitidi come in un quadro di De Chirico. La chiesa è scarna ma non mi suscita grandi emozioni, a parte il fatto che da delle finestre in alto entrano delle rondini che volano adrenaliniche lungo la navata riunendo natura e spiritualità in un unicum bellissimo.
Il pranzo si svolge nell'oratorio della parrocchia di S. Ippazio, un santo importato dall'oriente, testimonianza della vocazione di accoglienza e condivisione di questa terra estrema, un tempo fine del mondo e ora cuore pulsante del Mediterraneo. È questo il senso che viene fuori anche dalla conferenza stampa pomeridiana, dove Mons. Vito Angiuli, vescovo di Ugento, ci racconta, insieme ad alcuni sindaci di zona della città diffusa, dei sentieri che hanno il compito di unire e dell'importanza di S. Antonio da Padova in questi luoghi.
La festa del patrono è domani e prima di cena resta il tempo per andare a trovare la signora Anna che da vent'anni impasta e cuoce il pane del santo, che viene distribuito la mattina prima della messa. Rituali antichi per devozioni forti, il sunto di questa giornata bellissima.
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