Preambolo
Muggia ha un sapore familiare, è un deja vù reale legato alla Via Flavia percorsa a settembre dello scorso anno, un ricordo reso più vivido dalla presenza di Gregorio che l'aveva percorsa con me. Salire al Santuario di Muggia Vecchia è una formalità che sbrighiamo in una mezz'oretta abbondante. La notte la passiamo alla casa del pellegrino gestita da Don Andrea, un'accoglienza spettacolare in un posto suggestivo, pieno di storia e con una vista spettacolare. Gregorio prepara la cena e dopo due birrette e un goccio di Zubrowka (una delle mie vodke preferite) trovata nella dispensa, possiamo andare a dormire. Domani sarà Parenzana.
Prima tappa. Muggia - Portorose, 30 km
Scendiamo dal santuario alla piccola cittadina che è ancora buio. L'appuntamento con il gruppo è alla foce del Rio Ospo, un piccolo fiume che scende al mare dalla Slovenia. Ad attenderci ci sono dei buonissimi cornetti ripieni e un folto gruppo di persone fra cui Renato Cavaliere, il patron della Via Flavia. Quando partiamo sono le 8,00 precise e nonostante il sole sia già abbastanza alto, il borino, sottoclasse della bora, soffia forte e ci gela le ossa.
Poco dopo esserci infilati nella ciclabile, incontriamo il primo confine, quello fra Italia e Slovenia. Non è niente di più di un cartello, anzi due, uno per ogni senso di marcia, che indicano i due paesi.
La ciclabile continua mischiandosi a strade e paeselli fino ad arrivare alla vecchia stazione di Decani, che era a 17,6 km dalla stazione di partenza. Ora è una casa privata ma è conservata bene e dal tetto escono le antiche travi portanti. È la prima che vedremo lungo la strada.
Proseguiamo costeggiando campi pieni di vigneti che ormai hanno fatto il loro dovere e lo dimostrano con il colore tipico della vite d'autunno, quel rosso scuro che rende la campagna una perfetta macchia di colore.
Pochi chilometri e arriviamo a Capodistria, aggiriamo il centro storico e ci fermiamo davanti al mare a fare uno spuntino. Il vento ci sferza senza sosta e increspa le onde del mare facendo la felicità di qualche wind-surfista. È una sosta breve, poi si comincia a seguire la costa; passiamo davanti a dove fu affondata il Rex, una nave passeggeri bombardata dagli inglesi nel '44. Ci sono dei grossi cartelloni che riproducono foto d'epoca, della barca reclinata su un fianco e della vecchia ferrovia che seguiva la linea del mare. Arriviamo a Isola d'Istria, splendido borgo affacciato sull'acqua che rimane lontano, ahimè, dai nostri passi: la via continua verso l'alto poi si infila fra i campi e così continua fino alla prima delle due gallerie del giorno. È conservata benissimo (come quasi tutto qui in Slovenia) ed è un passaggio bellissimo di questa prima tappa. Ci vogliono pochi chilometri per arrivare alla seconda, ma le forze scemano un tantino e la velocità si adegua. Quando usciamo dal secondo tunnel sono le 15,30 e Portorose si stende ai nostri piedi. Il tempo di andare a lasciare gli zaini all'ostello e farsi una doccia e andiamo al primo bar a farci un paio di birre rosse irlandesi (fuori zona, lo so, ma questo passa il convento).
Il resto è una storia di malvasia non soddisfacente, di fritto misto di mare abbondante, di tanto aglio in tutte le pietanze e di Pelinkovac a fiumi.
La prima, come al solito, è andata.
Seconda tappa, Portorose - Grisignana, 27 km
La tappa è dura e lunga; si inizia seguendo la costa in ogni sua curva, anche quando la strada per farlo passa attraverso un campeggio vuoto e con alcune tende e roulotte stanziali avvolte dal domopak come le valigie in transito in un aeroporto. Ciò che ci aspetta dopo poco è senza dubbio una delle cose più belle dell'intera tappa: una piccola ansa di un canale ospita l'officina di un riparatore di piccole barche in legno. Non è un luogo normale e lo si capisce subito; all'interno dell'officina campeggiano tre quadri, tre ritratti, Lenin, Marx e il Che Guevara, e all'esterno mille oggetti creano un amalgama affascinante fatta di reti, lampade antiche, salvagenti e attrezzi come oggetti sacri. È un tempio all'operositá e al lavoro, un'oasi sana di nostalgica passione nautica ed è un posto magico. Tutto il canale che seguiamo è ricco di spunti fotografici interessanti fatti di barche semi affondate e legni marci; verrebbe voglia di rimanere qui per sempre, esattamente come lungo le saline di Sicciole, luogo desertico e scarno per antonomasia dove uccelli coraggiosi vivono indisturbati cercando la loro dimensione.
Attraversare a piedi una frontiera ha un sapore antico e noi lo gustiamo appieno, mostrando i nostri documenti prima alla finanziera slovena e poi a quella croata. Da qui l'asfalto scompare lasciando il posto a una sterrata che corre dove un tempo erano traversine e binari e che ci accompagnerà fino a Grisignana, luogo di arrivo di questa seconda tappa.
Si passa però prima di fianco a Buje, piccolo borgo arroccato su un monte e per la sua stazione più a valle poi si prosegue fra una vegetazione multicolore verso Triban e la sua stazione inesistente per giungere infine a due brevi gallerie, la seconda delle quali ci conduce direttamente al piccolo borgo di Grisignana, città degli artisti dal fascino antico preservato nel tempo.
Si cena e si dorme in un piccolo appartamento col camino, segno inequivocabile che qui, al dispetto dei turisti, il tempo non è passato