C’è un lago, in provincia di Belluno, che è dominato dal vento, un vento che si sveglia tardi, verso mezzogiorno, come un viveur che ha fatto nottata ma che è pronto a vivere alla grande una nuova giornata, magari dopo un buon caffè: è il lago di Santa Croce.
Magnifico specchio d’acqua circondato dalle Prealpi bellunesi, è il cuore pulsante dell’Alpago; qui si svolge gran parte dell’attività turistica di quest’incantato angolo di Veneto, attività legata agli sport acquatici, vela, windsurf, kitesurf, e wing foil, una disciplina recente che, grazie all’uso di una tavola appoggiata a una pinna simile a quella degli aliscafi, permette di volare letteralmente sull’acqua, sospinti da un’ala che cattura il vento e lo trasforma in un reattore totalmente green.
Credo che verde sia la parola più appropriata se parliamo delle attività sportive, molte adrenaliniche, che si svolgono qui in Alpago perché, che siano legate all’acqua del lago o all’immenso blu del cielo, è sempre il vento il motore di tutto.
Il Monte Dolada, 1938 metri di splendida montagna, domina la vallata e dalla sua cima si lanciano i temerari del volo con i loro deltaplani e parapendii dai colori sgargianti. Le loro acrobazie riempiono di arcobaleni minimi l’azzurro e fanno provare emozioni anche a chi li guarda da giù, con i piedi ben saldi sul terreno, oppure a mollo nelle acque del lago, che ha un’ampia zona riservata a chi l’acqua la vive in maniera meno ardimentosa e anche un’apprezzatissima dog beach per chi non riesce a separarsi dal suo amato quadrupede.
Io, che non sono nato per le emozioni troppo forti, l’ho girata in maniera slow, cavalcando la mia ormai fidata E-Bike fornita da B-Ride Belluno ed è in questo modo, sempre sotto la preziosa guida di Giorgio, che ho scoperto l’oasi di Sbarai.
L'oasi di Sbarai |
Il nome deriva dalla parola sbarramento, perché il lago di Santa Croce è naturale ma nel corso degli anni ha subito alcune modifiche; una diga a nord, per alzare ed abbassare il livello dell’acqua, e le centrali elettriche a sud, in grado di fornire energia a un vasto territorio.
Quando il livello del lago sale, un boschetto lungo la riva nord, costituito per lo più da alberi di salice bianco, va sott’acqua trasformando l’area in qualcosa di simile a un bayoudella Louisiana. Strano albero il salice bianco, ha la bizzarra attitudine a sopravvivere anche quando le sue radici e parte del suo fusto sprofondano nell’acqua; ha la gioia di un bambino unita all’esperienza di un palombaro.
A ottobre il lago è in secca, ma in estate qui ci si arriva con i kayak e muoversi silenziosamente in quest’ambiente spettrale, deve avere un fascino unico.
Dall’oasi si segue la ciclabile che aggira il lago sul versante orientale e che è parte della Monaco – Venezia, una delle più belle piste d’Europa per ciclisti.
In bici lungo la ciclabile |
Il porticciolo di Poiatte |
Seguendola sono arrivato fino alla frazione di Poiatte, dove ci sono un delizioso porticciolo e la scuola di sport a vela della Lega Navale Belluno. Qui si fanno corsi destinati a tutti quelli che vogliono provare l’ebrezza di cavalcare il lago e a parlare con gli istruttori, due ragazzoni che sembrano appena usciti da Point Break, verrebbe anche voglia ma io sono un montanaro e con l’acqua ho poco a che spartire.
Poco più avanti, sulla stessa riva, c’è il Centro Ittiogenico nato da un progetto atto a riqualificare l'area e ripopolare il lago delle specie di pesce caratteristiche e a rischio estinzione: coregone, luccio e trota.
Ogni riproduzione ha i suoi tempi e i suoi momenti e ottobre non è periodo di nuove nascite qui al centro, ma visitarlo ed ammirarne la bellezza architettonica è servito a conoscere alcuni produttori locali: su una lunga tavolata c’erano formaggi, salumi, olio, marmellate, fagioli e vino; tutto, ovviamente, a Km 0.
Ho scoperto che c’è un allevamento di maiali di cinta senese qui in zona, che l’agnello va per la maggiore in Alpago e che ci sono dei vini che si definiscono PIWI perché resistono alle malattie funginee, alle variazioni climatiche estreme e ai danni che provocano. Questa forza, se così si può dire, fa si che l’uso dei pesticidi nella vigna sia ridotto sensibilmente, a favore non solo del vino ma anche dell’ambiente.
L'ala del Wing Foil Carne secca dell'Alpago |
Per quel che riguarda l’agnello, oltre a essere uno dei piatti più apprezzati dagli abitanti della Conca, è anche un presidio Slow Food; la carne usata è, infatti, quella della pecora alpagota, un ovino autoctono.
Se volete gustarlo al suo meglio, potete contare sulla presenza di ben due ristoranti stellati, la Locanda San Lorenzo, che ha molto a cuore i prodotti e le tradizioni gastronomiche locali che rivisita con maestria e buongusto, e il Ristorante Dolada, situato a mezzacosta nella frazione di Pieve d’Alpago, dove ha cucinato per una vita Enzo De Prà, un pioniere dell’Alta Cucina italiana, che oggi ha lasciato le redini al figlio Riccardo. Qui non è spettacolare solo mangiare, anche se la carbonara destrutturata, da buon romano, non mi ha convinto, ma anche dormire. La scala che porta alle camere al piano superiore è addobbata di zucche e lanterne come il castello di Hogwarts e la vista mattutina del lago e delle montagne circondate da spesse nuvole grigie, ricorda quelle che Harry Potter poteva vedere dalla finestra del dormitorio.
Scambiare quattro chiacchiere a colazione con il signor Enzo e gustare con lui un caffè parlando di cucina è stata un incontro che non dimenticherò mai.
Il risotto alla zucca quattro sapori della Locanda San Lorenzo |
Il vitello tonnato del Dolada, una squisitezza |
La scala delle zucche al Dolada |
Se poi, per cena, vi verrà la voglia di salire ancora un po’ e di arrivare quasi in cima al Monte, potrete vivere l’esperienza di mangiare in un vero rifugio, dall’atmosfera tipicamente spartana, l’accoglienza calorosa e un menù che non ti aspetteresti.
Anche qui si può dormire, soprattutto se si vuole rimanere in alto e camminare lungo i sentieri che percorrono le creste del Monte Dolada, ma mi sento vivamente di consigliarvi una cosa: allontanatevi di qualche chilometro, puntate verso Belluno e concedetevi il percorso che attraversa un vero e proprio canyon: il Bus del Buson. Le alte pareti di roccia sorvegliano quello che un tempo è stato il corso del fiume Ardo, un fiume che ha deciso di traslocare, forse per una frana che gli aveva ostruito il passaggio, e che ora è asciutto e percorribile. Un sentiero ad anello lo attraversa per tutta la sua lunghezza regalando al camminatore uno spettacolo suggestivo. È un percorso da fare in silenzio, sia per rispetto al luogo, sia per cogliere tutti i lievi rumori che vengono amplificati grazie ad un’acustica eccezionale. Non è un caso se, nel periodo estivo, la “camera” più grande del budello, viene usata come sede di piccoli concerti.
Il Bus del Buson |
La bellezza dell’Alpago è proprio questa, senza spostarsi troppo si ha la possibilità di vedere luoghi bellissimi come questo, o come il borgo di Feltre, uno dei più belli d’Italia, con la sua cinta muraria quasi intatta e il Castello di Alboino. La stessa Bassano, con la sua grande piazza centrale e il suo centro storico merita assolutamente una visita.
Se poi siete degli amanti della birra, beh, non potete non fare una visita e pranzare alla Birreria Pedavena.
Quella della Pedavena è una storia lunga, che inizia nel 1897, con l’inaugurazione del birrificio e che, attraverso cadute e rinascite arriva fino ai nostri giorni.
Le grandi sale che ospitano i commensali sono rimaste ancorate nel tempo, la cucina invece si è un po’ evoluta e si può mangiare il risotto alla birra, con tanto di eruzione di schiuma, o il birramisù, un’affascinante variante, sorseggiando una rossa corposa. Io amo la birra, e pasteggiare così è stato un vero e proprio regalo.
L'ingresso della Birreria Pedavena |
L'interno del birrificio Pedavena |
Il maestro all'opera Le mani in pasta |
L'agriturismo Faverghera sotto la neve |
La salita in cima al Nevegal per visitare l’Agriturismo Faverghera era l’ultimo appuntamento di questo viaggio. Marco Vuerich è un ragazzone che ha le idee chiare: azienda agricola e baita dove far assaggiare agli escursionisti e agli sciatori le prelibatezze del territorio. Si è imbarcato in quest’avventura sette anni fa e la porta avanti con passione, coadiuvato dai genitori che con lui condividono la passione per l’accoglienza e la montagna.
Fuori nevicava e faceva freddo, eravamo tutti seduti con ancora in bocca i sapori della cucina, quando una torta è apparsa davanti a me: sopra c’era la mia immagine e attorno tante candeline da spegnere; ero avvolto dal calore della stufa e soprattutto delle persone che mi hanno accolto e mi hanno aperto le porte del loro territorio mostrandomi i suoi segreti, persone che non dimenticherò.
Cristian, Marco e la mia torta di compleanno |